Roberto Cirillo
Che cosa hanno in comune gufi, balene ed esseri umani? Cantano. Potrebbe sembrare una cosa da poco, eppure il canto può dirci molto del comportamento di queste specie e di riflesso – forse – di noi stessi.
Ma facciamo fin da subito chiarezza su che cosa si intende con il termine ‘canto’, diverso da ‘vocalizzazione’. Negli uccelli (e nelle megattere) riconosciamo il canto come una struttura sonora elaborata, composta da tanti elementi organizzati in note, strofe, temi: maggiore è la complessità di questa struttura sonora, più attraente apparirà il ‘cantore’. Così la funzione significativa del canto è principalmente legata alla riproduzione sessuale. All’opposto, le vocalizzazioni sono segnali sonori ‘semplici’, cioè non composti da una struttura articolata, che hanno una funzione specifica (come accade con i segnali di allarme). Talvolta hanno effetto anche ‘sovra-specifico’, cioè compreso anche da altre specie.
Inoltre, la ricchezza sonora (sia in senso di complessità articolatoria, sia di varietà di suoni nel repertorio) del canto non è anche ricchezza di significati. Invece, è qualcosa di diverso, qualcosa che deve attrarre… non solo l’attenzione, ma in un certo senso anche l’‘interesse’: i segnali espressi (tutta la varietà dei suoni), con la loro articolazione, trasmettono una molteplicità di informazioni apparentemente accessorie (di tipo ‘pragmatico’), ad esempio sullo stato di salute dell’individuo, la sua prestanza, la sua attrattività (forse anche il ruolo sociale). Le informazioni espresse o segnalate indicano ai riceventi le qualità dell’individuo che li emette. Ad esempio, in megattere e uccelli canori si osserva la stessa complessità canora nel corteggiamento: in questo comportamento vediamo complessità del segnale ma semplicità del significato; e la complessità sembra essere l’elemento di attrattività (una serenata bella e ricca e armoniosa è meglio di una serenata povera e strimpellata malamente).
Naturalmente non solo gufi e balene, ma più in generale anche insetti e anfibi sono canori, come grilli e cicale. Gli anfibi in particolare sono un passo importante nell’evoluzione in quanto hanno sviluppato la capacità di usare l’aria e l’apparato respiratorio per vocalizzare. Uccelli e cetacei mostrano capacità canore e di vocalizzazione. Ciò che rende queste capacità particolarmente interessanti per gli studiosi (e per i curiosi) sono sia le loro proprietà, sia l’uso che ne fanno gli animali che ne sono dotati nei loro comportamenti sociali e nel loro ambiente. Anche se non siamo (ancora) in grado di comprendere un possibile ‘significato’ (in senso umano) dei loro canti, osservarne la struttura e la funzione all’interno delle loro abitudini comportamentali può non solo aggiungere conoscenze sull’uso delle vocalizzazioni in queste specie, ma anche ampliarne e trasformarne la comprensione, contribuendo – perché no? – a ripensare e ridefinire l’idea di comunicazione anche nella specie Homo. Concludendo un ampio e importante studio sulle megattere, Jenny A. Allen e colleghi, del Cetacean Ecology and Acoustics Laboratory (Università di Queensland, Australia), affermano:
“gli studi che quantificano regole sintattiche […] hanno un valore inestimabile per la comprensione dell’origine ed evoluzione dell’apprendimento vocale […]. Comprendere le regole sintattiche che governano le disposizioni vocali in linee filogenetiche diverse ed evolutesi indipendentemente potrebbe indicare quali regole o proprietà strutturali sono importanti per l’evoluzione della comunicazione complessa, incluso il linguaggio umano” [traduzione mia].
Un’osservazione rilevante, però, riguarda il fatto che, anche se chiamati ‘canti’, queste produzioni in realtà sono estremamente monotone, stereotipate e soprattutto – in gran parte – definite geneticamente, quindi poco flessibili. Negli uccelli le capacità di vocalizzazione sono più complesse, ma solo in quelli canori – nei quali si inseriscono anche imprinting, apprendimento, imitazione e innovazione, oltre a una base genetica. In questo modo il canto può essere complesso e modificarsi nel corso delle generazioni per essere sempre più efficace. Gli individui che cantano meglio, con canti più ricchi e attraenti, hanno maggiori probabilità di riprodursi e di trasmettere non solo il proprio patrimonio genetico ma anche il proprio patrimonio culturale rappresentato appunto dal canto.
I ricercatori hanno esplorato e stanno tuttora esplorando metodi per analizzare le strutture – almeno quelle foniche – dei canti di varie specie (anche se ancora non sappiamo se hanno un ‘significato’ nel senso umano del termine). Il professor Gianni Pavan, docente di bio- ed ecoacustica presso l’Università di Pavia, già nel 1991 e 1993 aveva condotto alcuni esperimenti per sollecitare, osservare e registrare le reazioni e il comportamento degli allocchi. Il primo esperimento consisteva nel registrare i richiami degli Strix Aluco presenti in una determinata area territoriale, al fine di ricondurre ciascun richiamo (o un insieme ristretto di richiami) a ciascun individuo della popolazione di allocchi presenti in quell’area. L’esperimento fu realizzato registrando sul campo i richiami territoriali (detti hooting) e analizzandone gli spettrogrammi computerizzati. Attraverso 7 parametri temporali, Pavan e Galeotti osservarono una omogeneità sostanziale, confermata statisticamente, tra i richiami dei singoli individui, distinguendoli dagli altri membri della popolazione in modo nitido e riconoscibile. È anche da notare che uno stesso segnale può avere significati diversi in funzione del ricevente: un segnale territoriale emesso da un maschio, ad esempio, serve per attrarre la femmina e nel contempo avvisare gli altri maschi che quel territorio è già occupato.
In un studio successivo, Pavan e Galeotti usarono le registrazioni di richiami territoriali riproducendole con altoparlanti installati nell’habitat dei gufi, per osservarne le reazioni comportamentali e vocali. Ciò che notarono è che i maschi di allocco mostravano reazioni molto rapide ai richiami riprodotti di individui non noti all’interno della loro area territoriale, mentre non mostravano reazioni ai richiami di individui già noti. Analogamente, le femmine mostravano reazioni molto aggressive ai richiami di allocchi non noti. Queste osservazioni consentono di affermare che gli allocchi stessi sono in grado di riconoscere l’identità sociale dei loro conspecifici a partire dalle caratteristiche foniche dei richiami.
Come si vede, l’ingegnosità dei metodi di raccolta e analisi del materiale acustico è di fondamentale importanza per poterci addentrare sempre più nel mondo degli animali che cantano. Ritorniamo agli studi di Allen e colleghi sulle megattere. L’articolo del 2019 conclude uno studio durato 13 anni, in cui gli autori hanno registrato i canti dei maschi di megattera in transito al largo delle coste del Queensland (Australia). Poiché è un passaggio che avviene ogni anno, con vecchi e nuovi individui nella popolazione, i ricercatori hanno potuto osservare e studiare sia degli schemi di apprendimento vocale, sia le ‘rivoluzioni culturali’, cioè vocalizzazioni completamente nuove apprese da altre popolazioni, in altre aree marine, e poi introdotte. Di fronte a una situazione di questo tipo, così consolidata da un lato e così mutevole dall’altro, i ricercatori hanno applicato moderne tecniche di analisi statistica delle reti (network analysis).
Dall’analisi è emerso che in ciascun anno le composizioni canore mostrano strutture a forma di reti di altre piccole reti (small-world networks), composte a loro volta da unità sonore strettamente interconnesse e coese all’interno di ogni singola rete. Inoltre, le transizioni (le linee di connessione) tra queste unità sembrano suggerire sia una certa stabilità strutturale di una piccola rete, sia una sua variabilità. Pertanto, è possibile affermare che i canti delle megattere hanno strutture gerarchiche e composizionali, e non sono solo sequenze di suoni. Le composizioni canore infatti variano negli anni, mentre le piccole reti tendono a restare più stabili. Il che suggerisce che si tratti di una proprietà coerente e strutturale per comporre ogni canto, piuttosto che una caratteristica peculiare di una composizione.
I canti delle megattere mostrano una evidente complessità strutturale. Certamente, come suggeriscono Allen e colleghi, constatare tale complessità attraverso taxa diversi porta a riflettere sulla (supposta) eccezionalità del linguaggio umano. Volendo osare analogie, si potrebbero immaginare similitudini tra – da un lato – composizioni canore, reti e unità sonore e – dall’altro, quello del linguaggio umano – discorso, frasi e parole.
Ma, per il momento, è solo fantasia.
Per approfondire
Allen, Jenny A., Ellen C. Garland, Rebecca A. Dunlop & Michael J. Noad. 2019. Network analysis reveals underlying syntactic features in a vocally learnt mammalian display, humpback whale song Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, vol. 286, issue 1917. https://doi.org/10.1098/rspb.2019.2014.
Buoninconti, Francesca. 2021. Senti chi parla. Torino: Codice Edizioni.
Galeotti, Paolo & Gianni Pavan. 1991. Individual recognition of male Tawny Owls (Strix Aluco) using spectrograms of their territorial calls, Ethology Ecology & Evolution, 3:2. 113-126. https://www.researchgate.net/publication/230764774_Individual_recognition_of_male_Tawny_Owls_Strix_aluco_using_spectrograms_of_their_territorial_calls
Galeotti, Paolo & Gianni Pavan. 1993. Differential responses of territorial Tawny Owls Strix Aluco to the hooting of neighbours and strangers, IBIS 135. 300-304. https://www.researchgate.net/publication/227952897_Differential_responses_of_male_Tawny_Owls_Strix_aluco_to_the_hooting_of_neighbours_and_strangers.
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