Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’
Quintus Ennius tria corda habere sese dicebat, quod loqui Graece et Osce et Latine sciret
(‘Quinto Ennio diceva di avere tre anime perché sapeva parlare greco, osco e latino’)
Aulus Gellius, Noctes Atticae 17.17.
Il 21 febbraio si celebra la giornata internazionale della lingua madre (https://www.unesco.org/en/days/mother-language), una celebrazione proposta dall’UNESCO nel novembre 1999. L’istituzione di questa giornata è avvenuta nel 1999 su richiesta del Bangladesh, che intendeva commemorare gli studenti uccisi il 21 febbraio del 1952 durante le proteste per il riconoscimento del bengalese come lingua ufficiale del Pakistan ed è stata approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2002. Il tema di quest’anno è l’istruzione multilingue che deve avere l’obiettivo di promuovere la consapevolezza del valore della diversità linguistica al fine di scongiurare l’estinzione delle lingue minoritarie (si potrà seguire l’evento qui: UN WebTV). La valorizzazione del plurilinguismo attraverso l’educazione linguistica a partire già dalla scuola dell’infanzia è in linea con gli obiettivi in tema di istruzione dell’Agenda 2030 dell’ONU (http://uis.unesco.org/sites/default/files/documents/education-2030-incheon-framework-for-action-implementation-of-sdg4-2016-en_2.pdf) e resta un tema cardine della giornata internazionale della lingua madre (ne parla anche Francesca Gallina, attuale segretaria nazionale del GISCEL – Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica, qui: https://www.linguisticamente.org/la-giornata-internazionale-della-lingua-madre-e-il-parlante-madrelingua/). In effetti – ribadisce il testo delle Nazioni Unite relativo a questa giornata – almeno il 43% delle lingue parlate nel mondo rischia di estinguersi e delle circa 6000 lingue parlate soltanto poche centinaia rientrano nei sistemi educativi. “When languages fade, so does the world’s rich tapestry of cultural diversity. Opportunities, traditions, memory, unique modes of thinking and expression – valuable resources for ensuring a better future – are also lost” – dichiara l’UNESCO (https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000181367/PDF/181367eng.pdf.multi).
Ma perché il tema della lingua materna è così strettamente legato al plurilinguismo e all’educazione linguistica plurilingue?
Per comprenderlo possiamo partire da un esempio a noi molto vicino, ossia quello delle lingue materne presenti in Italia e del modo in cui la varietà dei repertori linguistici italiani è cambiata nel tempo. Infatti, sappiamo che all’alba dell’unificazione italiana i parlanti italofoni attivi in Italia erano soltanto una piccola élite che non superava l’1,5% della popolazione, il 97,5% parlava soltanto il dialetto e soltanto l’1% parlava sia l’italiano sia il dialetto (De Mauro 1996: 20). O, ancora, che gli emigrati italiani in America preferivano comunicare tra loro in un “rozzo gergo anglicizzante” piuttosto che in quella lingua che sulla carta era la loro lingua nazionale (De Mauro 1977: 18).
Attualmente, a distanza di più di 160 anni, la situazione complessiva in Italia è radicalmente cambiata: i parlanti italofoni costituiscono il 90,4% della popolazione e la presenza dialettale ha subito una netta diminuzione, tale da sollecitare interventi di promozione e di tutela del patrimonio dialettale. La diffusione dell’italiano, dovuta a fattori diversi come industrializzazione, migrazioni interne, urbanesimo e diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, si è unita, però, a un’educazione linguistica largamente improntata al monolinguismo, con l’insegnamento di “un solo uso di una sola lingua ai soli scopi scritti e letterari e con una sola norma” (Berruto 1977: 143). La “buronorma scolastichese” (De Mauro 1996) ha in qualche modo creato in alcune zone d’Italia dei “déracinés culturali e linguistici”, cioè persone che non appartengono più a un ambiente in cui si parli convintamente il dialetto ma che nemmeno hanno una piena capacità di controllo dell’italiano. La situazione non è la stessa in tutto il paese e ci sono aree, soprattutto al sud e nel nord-est della penisola in cui la convivenza tra italiano e dialetto è ancora fortemente attiva. Se chiedessimo a un parlante di Napoli quale sia la sua prima lingua è probabile che ci risponda l’italiano, il dialetto, o entrambi. Non solo. Anche se consideriamo il solo italiano ci rendiamo conto di parlare di un sistema linguistico che non è lo stesso in tutte le regioni ma che, al contrario, ha una serie di varietà regionali, che differiscono per tratti fonetici, morfologici, sintattici e lessicali; si pensi, per esempio, che un parlante centromeridionale chiama spigola quello che per un parlante settentrionale è il branzino (cfr. De Blasi 2019: 60). Altra questione è quella relativa alle minoranze linguistiche che, invece, godono in Italia di tutele normate da interventi legislativi oltre che da iniziative di tipo culturale.
Al di là dei dialetti e delle minoranze linguistiche storicamente presenti nel territorio italiano, attualmente in Italia, grazie a un aumento dei processi migratori, i parlanti che dichiarano una lingua materna diversa dall’italiano costituiscono il 9% della popolazione. Le aree del Paese più interessate dalla presenza di persone che hanno come prima lingua una lingua straniera sono il Nord-est (15,2%) e il Nord-ovest (11,5%), con una maggior concentrazione nei comuni di aree metropolitane (11,6%). Di queste lingue materne diverse dall’italiano le più parlate sono il rumeno, l’arabo, l’albanese, lo spagnolo e il cinese. E nelle scuole sono circa 121 mila (il 10,3 % degli alunni) gli studenti con cittadinanza non italiana (https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/NOTIZIARIO_Stranieri_2021+%281%29.pdf/150d451a-45d2-e26f-9512-338a98c7bb1e?t=1659103036663).
In questo scenario plurilingue attivo nel nostro paese sarebbe auspicabile un approccio “ecologico alla politica linguistica” (Dal Negro, Iannàccaro 2002: 232), che prenda in considerazione la tutela non soltanto di una lingua di minoranza, intesa come una specie rara e a rischio di estinzione ma l’intero ecosistema del repertorio linguistico di una comunità.
Da questo punto di vista, in linea con le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, l’educazione linguistica plurilingue può e deve avere un ruolo fondamentale, nella consapevolezza degli ormai noti benefici del bilinguismo e del multilinguismo (si vedano le riflessioni su Linguisticamente di Garraffa: https://www.linguisticamente.org/il-cervello-non-discrimina-tra-lingue-globali-e-lingue-locali-gli-effetti-cognitivi-delle-lingue-minoritarie/ e di Sorace: https://www.linguisticamente.org/piu-di-una-lingua-limportanza-del-multilinguismo-per-gli-individui-e-per-la-societa/). Come si sa, infatti, anche la didattica delle lingue straniere deve puntare non all’isolamento e alla dimenticanza della lingua di partenza ma alla convivenza di più repertori linguistici. Gli approcci didattici plurali, che puntano alla conoscenza e alla comprensione simultanea di più codici linguistici a partire dalle competenze che i parlanti hanno della loro prima lingua è una risorsa che va certamente sviluppata e diffusa in Italia. Si pensi a un approccio didattico come quello basato sull’intercomprensione (Bonvino, Garbarino: 2022) che promuove una didattica simultanea di più lingue romanze. In Italia, dove, come abbiamo visto, sono presenti molteplici lingue romanze, una didattica delle lingue condotta in questo modo potrebbe favorire una competenza plurilingue nella difesa della propria lingua materna. Un approccio didattico di questo tipo, del resto, potrebbe essere utile anche a promuovere una consapevolezza storica del nostro repertorio linguistico, come per esempio nella didattica del latino, la madre delle lingue madri romanze.
Per approfondire
Berruto, Gaetano & Berretta, Monica. 1977. Lezioni di sociolinguistica e di linguistica applicata. Napoli: Liguori.
Bonvino, Elisabetta & Garbarino, Sandra. 2022. Intercomprensione. Caissa: Bologna.
Dal Negro, Silvia & Iannaccaro, Gabriele. 2003. “Qui parliamo tutti uguale, ma diverso. Repertori complessi e interventi sulle lingue”, in Valentini A., Molinelli P., Cuzzolin P., Bernini G. (a cura di), Ecologia linguistica. Atti del XXXVI Congresso Internazionale di Studi della Società di Linguistica Italiana, Bergamo, 26-28 settembre 2002, Bulzoni: Roma.
De Blasi, Nicola. 2019. Regionalismi e dialettismi. RCS: Milano.
De Mauro, Tullio. 1977. Scuola e linguaggio. Editori Riuniti: Roma.
De Mauro, Tullio. 1986. Storia linguistica dell’Italia unita. Laterza: Roma-Bari.
De Mauro, Tullio. 1996. “Distanze linguistiche e svantaggio scolastico”, in A. Colombo e W. Romani (a cura di), È la lingua che ci fa uguali. Lo svantaggio linguistico: problemi di definizione e intervento, pp. 13-24. Firenze: La Nuova Italia.
De Mauro, Tullio. 2018. L’educazione linguistica democratica. Laterza: Roma-Bari.
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