Maria Roccaforte
Sapienza Università di Roma
Quando una persona che non conosce la lingua dei segni vede qualcuno segnare, istintivamente è portata a tentare di comprendere il messaggio linguistico guardando le labbra del segnante o l’iconicità dei suoi segni. Quasi sempre, però, resta delusa nel constatare che, al netto di poche intuizioni qua e là, la comprensione del messaggio, semplicemente, non avviene.
In realtà, la strategia di osservare le labbra di chi parla o segna è comune a tutti, sordi e udenti, segnanti e non segnanti e ha a che fare con l’istinto a capire e farsi capire e con la determinazione di raggiungere questo obiettivo usando ogni strategia possibile che il corpo e l’ambiente circostante mettono a disposizione.
Per dimostrare il senso di queste affermazioni non occorre andare troppo indietro nel tempo. Nel periodo in cui l’umanità è stata costretta ad utilizzare le mascherine per proteggersi dal contagio di un pericoloso virus, ogni essere umano ha sperimentato quel senso di frustrazione che derivava dall’inibizione di un canale comunicativo, in questo caso specifico, la possibilità di vedere le labbra e parte del volto dell’interlocutore. Non solo comprensione, però. È stato anche un altro il disagio che ha costantemente accompagnato la comunicazione quotidiana in quel periodo, specie quando ci trovavamo all’aperto o distanti dal nostro interlocutore: quello che derivava dal dubbio di non essere capiti. E allora le strategie di compensazione utilizzate sono state diverse: alzare il tono e il volume della voce, gesticolare di più, interagire più marcatamente con l’ambiente circostante e, extrema ratio, perfino abbassare la mascherina… si potrebbe arrivare a dire, ironizzando un po’, che la volontà di comunicare sia arrivata persino a prevalere sull’istinto di autoconservazione.
Perché è avvenuto questo? Studiosi di tutto il mondo, durante la pandemia, hanno indagato il fenomeno nella prospettiva fonetico-acustica (Corey et al., 2020; Magee et al., 2020) con il passaggio del suono ostruito dai diversi tipi e materiali di cui erano costituiti questi dispositivi di protezione; ben più rare, invece, sono state le ricerche che si sono concentrate sull’inibizione del lip reading e sulla rilevanza dell’articolazione labiale nella comprensione del messaggio, sia esso parlato o segnato (Giovanelli et al., 2023). E questo nonostante sia noto che alla base della comprensione del parlato non c’è la semplice percezione e decodifica di un’onda sonora, ma un complesso processo di predizioni, inferenze, repertori semiotici e integrazioni multisensoriali delle informazioni raccolte da chi parla e da chi ascolta.
In questo senso, gli studi condotti nel campo della sordità e della lingua dei segni ancora una volta hanno aiutato ad ampliare il prisma delle conoscenze sui processi di significazione degli esseri umani (Volterra et al., 2019; 2022). Si sarebbe potuto ingenuamente credere che la lingua dei segni fosse un sistema perfettamente utilizzabile in presenza di mascherine sul volto dei segnanti e invece è proprio usando questa lingua che la presenza di mascherine ha avuto ripercussioni tali da rendere la comunicazione quasi del tutto inaccessibile. E mentre ci si preoccupava di brevettare dei dispositivi trasparenti che favorissero la lettura labiale della lingua parlata da parte di persone sorde, in pochi si preoccupavano del fatto che sarebbero state utili anche per la comunicazione di persone sorde e udenti nella lingua dei segni.
Perché una lingua che sfrutta le mani e il corpo presenta tante criticità quando schermiamo la bocca? Perché il complesso sistema di articolatori manuali e corporei che sono impiegati nella costruzione dei significati nelle lingue dei segni è lo stesso che usiamo anche nel parlato e l’apporto dei movimenti labiali, tanto nei segni quanto nel parlato, costituisce il fulcro di questa orchestrazione.
In uno studio condotto nel corso degli ultimi anni presso il dipartimento di Lettere e culture moderne della Sapienza abbiamo raccolto dati utilizzando un eye-tracker su una popolazione di persone sorde e udenti che conoscono e usano la LIS per comunicare quotidianamente e li abbiamo confrontati con quelli di persone sorde e udenti che non conoscono la LIS. I risultati preliminari hanno rivelato che tutti, sia i segnanti che i non segnanti, sia sordi che udenti, quando guardano qualcuno segnare, guardano quasi esclusivamente la bocca e cioè producono il maggior numero di fissazioni oculari proprio nell’area della bocca ma, mentre gli occhi di chi non conosce la LIS compiono un maggior numero di visite (intese come numero di volte in cui l’occhio è entrato e uscito in una area di interesse) nell’area della bocca, quelli dei segnanti tendono a non uscire mai da quella zona (Roccaforte, 2024).
Questo induce a pensare che le componenti orali siano la bussola della comprensione anche nella comunicazione in lingua segnata perché è lì che è rivolta quel tipo di visione che permette di discernere i tratti più fini e dettagliati del movimento (visione foveale). Tenere la fissazione oculare sulla bocca permette però anche di scorgere, attraverso la visione parafoveale (non a fuoco, ma comunque percettibile), il movimento delle mani e del resto del corpo, zone che, se alzassimo lo sguardo verso gli occhi del nostro interlocutore, diverrebbero assai più sfocate e quindi meno distinguibili. A supporto di quanto asserito fin qui, si possono portare i risultati di altre ricerche che hanno dimostrato che, in assenza di componenti orali, la LIS appare incompleta agli occhi di chi la osserva (Fontana e Raniolo, 2015) e la comprensione del messaggio cala drasticamente (Roccaforte, 2015; Rinaldi et al., 2024).
Oltre che sul piano della comprensione, però, anche a livello di produzione che la lingua segnata e la lingua parlata condividono tratti di somiglianza molto evidenti. Le radici di questa vicinanza vanno ricercate proprio nel modo in cui ‘funzioniamo’ dal punto di vista percettivo e cognitivo. E anche in questo caso, uno degli elementi più visibili della relazione tra comunicazione in segni e parlato sta proprio nel fenomeno delle labializzazioni. Uno studio condotto da Fontana e Tomasuolo (2023) rivela che le azioni della bocca e i gesti manuali svolgono un ruolo significativo nella produzione lessicale di bambini interagendo con il linguaggio segnato e parlato per trasmettere informazioni aggiuntive. Le azioni della bocca nei bambini che segnano sono cruciali quanto i gesti manuali nei bambini che parlano, perché entrambi agiscono come correlati gestuali.
In conclusione, si potrebbe pensare alle labializzazioni come a una finestra sui processi cognitivi del segnante o come a un effetto del ribaltamento del canale sensoriale usato per trasmettere il segnale. Prendendo in prestito le parole di McNeill (2005) diremo che se in una lingua vocale, come l’italiano parlato, usiamo anche il corpo per trasmettere significati (gesto co-verbale), in una lingua corporea, come la LIS, usiamo anche la bocca per trasmettere sensi (oralità co-segnica).
D’altronde, dal momento che i segnanti sono plurilingui bimodali, perché conoscono almeno due lingue che si muovono su due canali diversi (in Italia, per esempio, l’Italiano e la LIS), è del tutto naturale che utilizzino le risorse di tutti i repertori semiotici a loro disposizione e che, ove possibile, lo facciano simultaneamente, proprio perché i diversi canali comunicativi lo consentono, assicurando così una maggiore stabilità e intelligibilità alla loro comunicazione (Roccaforte, 2018).
La forma della labializzazione si costituisce allora dinamicamente in riferimento alle esigenze espressive e ai vincoli articolatori del segno, al suo ritmo e alla sua velocità di esecuzione, e svolge funzioni di natura semantica, pragmatica e metadiscorsiva. D’altronde già Corballis (2002) e Boyes Braem e Sutton Spence (2001) rintracciavano una connessione strettissima tra bocca e mano e costringevano a ripensare le categorie attraverso cui sono descritte le lingue segnate e parlate sul piano teorico-descrittivo e linguistico-educativo (Barni et al., 2024) in favore di una prospettiva multimodale e non più esclusivamente fonocentrica della comunicazione faccia a faccia.
Per approfondire
Barni, Monica, Claudio Ferrara, Sabina Fontana & Maria Roccaforte. 2024. Certificare la competenza linguistico-comunicativa nella LIS: riflessioni, raccomandazioni e proposte. LEND. Lingua e nuova didattica, 1: 8-21.
Boyes-Braem, Penny & Rachel Sutton Spence (eds). 2001. The Hands are the Head of the Mouth – The Mouth as Articulator in Sign Language. Seiten: Signum Verlaeg.
Corballis, Michael C. (2008). Dalla mano alla bocca: le origini del linguaggio. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Corey, Rayan M., Uriah Jones & Andrew C. Singer. 2020. Acoustic effects of medical, cloth, and transparent face masks on speech signals. The Journal of the Acoustical Society of America, 148(4): 2371-2375.
Fontana, Sabina. 2009. Linguaggio e Multimodalità. Gestualità e Oralità nelle lingue vocali e nelle lingue dei segni. Pisa: Edizioni ETS.
Fontana, Sabina & Erika Raniolo. 2015. Interazioni tra oralità e unità segniche: uno studio sulle labializzazioni nella lingua dei segni italiana. In G. M. Schneider, M. C. Janner & B. Élie (Eds.), Voix et silence – Voce e Silenzio – Voces y silencio. VII. Dies Romanicus Turicensis, Peter Lang: 241-258.
Fontana, Sabina & Elena Tomasuolo. 2023. Manual and mouth gestures in hearing and deaf children: multimodality in a developmental perspective. Convegno internazionale del Gruppo di Studio sulla Comunicazione Parlata. Roma 8-10 giugno 2023.
Giovanelli, Elena, Gabriele Gianfreda, Elena Gessa, Chiara Valzolgher, Luca Lamano, Tommaso Lucioli, Elena Tomasuolo, Pasquale Rinaldi & Francesco Pavani. 2023. The effect of face masks on sign language comprehension: performance and metacognitive dimensions. Consciousness & Cognition, 109.
Michelle, Magee, Courtney Lewis, Gustavo Noffs, Hannah Reece, Jess C. S. Chan, Charissa J. Zaga, Camille Paynter, Olga Birchall, Sandra Rojas Azocar, Angela Ediriweera, Katherine Kenyon, Marja W. Caverlé, Benjamin G. Schultz & Adam P. Vogel. 2020. Effects of face masks on acoustic analysis and speech perception: Implications for peri-pandemic protocols. The Journal of the Acoustical Society of America, 148(6): 3562-3568.
McNeill, David. 2005. Gesture and though. Chicago: The University of Chicago Press.
Rinaldi Pasquale, Maria Roccaforte, Tommaso Lucioli & Virginia Volterra. 2024. The role of oral components in Italian Sign Language comprehension. In O. Floquet & S. Melogno (Ed.) Metalinguistic awareness: recomposing cognitive, linguistic, and cultural conflicts. Studies in honor of Maria Antonietta Pinto. Sapienza Università Editrice: 203-213.
Roccaforte, Maria. 2015. Componenti orali e riconoscibilità nella Lingua dei segni italiana (LIS). In Vayra, M., Avesani, C. & Tamburini F. (Eds.). Il farsi e disfarsi del linguaggio. Acquisition change and disorders of the language sound structure. Milano, AISV: 383-390.
Roccaforte, Maria. 2018. Le componenti orali della lingua dei segni italiana. Analisi linguistica, indagini sperimentali e implicazioni glottodidattiche. Roma: Sapienza Università Editrice.
Roccaforte, Maria. 2024. I confini sfumati delle lingue segnate e parlate tra percezione, cognizione e semiotica. LVII convegno della Società di linguistica italiana. Catania 19-21 settembre 2024.
Voghera, Miriam. 2017. Dal parlato alla grammatica. Costruzione e forma dei testi spontanei. Roma: Carocci.
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