Alberto Sobrero
Università del Salento
Il 1° giugno a Roma si celebrano i 50 anni del GISCEL. Prima, ovvia domanda: che cos’è il GISCEL, e a che cosa serve? Se sciogliamo la sigla troviamo questa risposta: Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica. Rimanda a uno dei campi di applicazione della linguistica più importanti, per la vita di tutti: l’insegnamento della lingua / delle lingue, a scuola. Ma nulla è semplice come sembra. A partire proprio dalla sigla. Si dice e si scrive ‘il GISCEL’ ma in realtà la testa della sigla è morfologicamente ancipite: questa Associazione ha una struttura unitaria ma si articola in tanti Gruppi quante sono le regioni italiane (e in qualche caso, anche non italiane): dunque a rigore si dovrebbe scrivere ‘i GISCEL’. Questo carattere ancipite non è casuale, anzi esprime – forse involontariamente – un aspetto costitutivo di questa Associazione, che in termini politici si direbbe insieme unitaria e decentrata, a democrazia diretta e indiretta. Tant’è vero che nel documento fondante la si definisce come un ‘intellettuale collettivo’, in quanto la sua personalità è determinata dalla collaborazione di studiosi di linguistica e insegnanti di tutti gli ordini di scuola interessati agli studi di teoria e descrizione dei fenomeni linguistici e alla pratica educativa nel settore dell’educazione linguistica. Il GISCEL e i GISCEL, i linguisti e gli insegnanti, la teoria e la pratica, la scuola e la vita (sì, perché l’area di lavoro del GISCEL si estende al long life learning, quel percorso formativo che impegna tutto l’arco della vita). Coppie oppositive integrate in un unico circuito: come dire, un’educazione linguistica a tutto tondo.
L’idea base del GISCEL nasce – grazie soprattutto all’iniziativa di un grande linguista, Tullio De Mauro – nei primi anni Settanta, come reazione meditata ma forte a un contesto scolastico arretrato, nel quale un’attenta analisi individua i caratteri tipici di una scuola di classe, non formativa ma selettiva, una scuola che ratifica le disuguaglianze di partenza e offre percorsi di crescita funzionali al perpetuarsi della classe dominante. Nelle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, documento fondante del GISCEL, sono richiamati i limiti principali di questa scuola, ai quali si vuole reagire. Li possiamo così riassumere:
- Si fa educazione linguistica solo nell’ora di italiano
- Si cura il possesso solo della capacità di scrittura: il parlato non solo è ignorato, ma è soggetto a pesanti valutazioni negative se denuncia un retroterra dialettale o ‘scorretto’
- Le prove di scrittura sono limitate a temi e pensierini, per lo più retorici e lontani dalla vita reale: non si addestra alla produzione dei testi che serviranno nella vita reale (prendere appunti, stendere relazioni, schematizzare, sintetizzare ecc.)
- La produzione linguistica è rigidamente valutata come corretta o scorretta, secondo i dettami di un mero normativismo
- Gli errori sono semplicemente sanzionati, in modo funzionale non a un processo di apprendimento ma a un processo di selezione
- Si ignora la realtà linguistica di partenza dei ragazzi
- Si pensa alla lingua italiana in sé e per sé, ignorando le connessioni sempre più strette con altri codici: disegno, calcoli, musica ecc.
- La grammatica è trattata solo nell’‘ora di grammatica’, e consiste nella memorizzazione di paradigmi verbali, di etichette spesso astruse attribuite all’analisi logica e alla sintassi. È praticamente escluso il lessico.
Ho elencato questi limiti, messi a fuoco nei primi anni Settanta del secolo scorso, anche per rispondere a una seconda domanda: come fa ad essere ancora attuale un messaggio lanciato 50 anni fa (e quali 50 anni!)? Fa, fa: perché è lo strato più profondo, la quintessenza della scuola italiana che non è cambiata – o lo è stata solo marginalmente – non ostanti i Programmi e le Indicazioni ministeriali, gli studi di psicolinguistica, di didattica e di docimologia, di sociolinguistica e di pedagogia, quasi tutti allineati – sia pure tardivamente – con le posizioni GISCEL.
Infatti ancora oggi, in molte, troppe scuole italiane si continua a fare educazione linguistica solo nelle ore di Italiano, si privilegiano di gran lunga le abilità di scrittura rispetto all’orale, al quale si riserva più un fine valutativo che educativo, si dà poco spazio a forme di scrittura diverse dal classico tema (che ha sempre un posto privilegiato, del tutto sproporzionato al suo ruolo nella comunicazione ordinaria), e in troppi insegnanti è ancora molto forte – spesso vincente – la tentazione di limitarsi a porre il timbro ‘giusto’ o ‘sbagliato’ su qualunque produzione linguistica, e di valutare solo in modo negativo gli errori, cioè – ancora una volta – di far prevalere la funzione del giudicare su quella dell’educare. La realtà linguistica di partenza dei ragazzi, che era un problema sostanzialmente di lingua / dialetto, oggi si è notevolmente complicata, con l’aggiunta della ‘lingua dei nuovi italiani’, di recente immigrazione; ma le strategie per affrontare le nuove dimensioni di questo problema sono ancora occasionali e volontaristiche, quando non assenti. Per non parlare delle connessioni fra l’educazione linguistica e le altre materie, che veicolano codici diversi ma strettamente incrociati con l’italiano (matematica, musica, disegno ecc.); e dell’insegnamento della grammatica, raramente orientato sull’attivazione di processi cognitivi e più spesso ridotto a memorizzazione di etichette arcaiche e imprecise, nonché inutili.
Mi pare che questi elenchi bastino da soli a spiegare perché è ancora vitale il messaggio del GISCEL, il quale mira proprio a superare queste difficoltà attraverso una concezione democratica e solidale della società, dalla quale discende una prassi educativa che si fonda sulla messa in comune di conoscenze e di esperienze: conoscenze relative alle teorie e alle pratiche più aggiornate della ricerca in linguistica, sociolinguistica, psicolinguistica, didattica; esperienze relative a ‘buone pratiche’, fatte in classe ma motivate condotte e verificate con metodi coerenti con quelli della ricerca scientifica. Non a caso gli iscritti al GISCEL sono anche soci della Società di Linguistica Italiana, associazione di studiosi di linguistica che ogni anno dedica una sezione del suo Congresso annuale alle riflessioni e sperimentazioni del GISCEL. Teoria e pratica dell’educazione linguistica sono, così, fusi e diffusi.
Non si tratta però solo di didattica della lingua italiana. Nel titolo stesso del documento-manifesto del GISCEL, Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica c’è una parola-chiave: non è ‘educazione’ né ‘linguistica’, è ‘democratica’. Una parola che non era mai entrata nei pur numerosi e prolissi documenti ministeriali. Nelle Dieci Tesi si dichiara esplicitamente che una pedagogia linguistica efficace deve essere democratica, e si spiega che è democratica se accoglie e realizza i principi enunciati nell’articolo 3 della Costituzione, il quale riconosce l’eguaglianza di tutti i cittadini, e affida agli organi della Repubblica – e dunque anche alla scuola pubblica – il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il GISCEL si impegna proprio a rispondere a queste esigenze, in una prospettiva di impegno civile e sociale: è così che attività linguistica e vita culturale e sociale, linguistica teorica e applicata, storia linguistica d’Italia e sociolinguistica si intrecciano e confluiscono, in una visione coerente e unitaria e in una prospettiva di impegno civile, nel concetto radicalmente innovativo di educazione linguistica ‘democratica’.
Chi è interessato, o quanto meno incuriosito, e vuole saperne di più provi a visitare il sito www.giscel.it: dà molte informazioni su storia e struttura del GISCEL, sulle attività più recenti dei Gruppi (Seminari, discussioni, giornate di studio e di aggiornamento), su prese di posizione dell’associazione riguardo a problemi recenti di educazione linguistica e dintorni, e soprattutto offre una ricchissima bibliografia (nei suoi 50 anni di esistenza il GISCEL ha pubblicato una sessantina di libri e un numero rilevante di articoli su riviste di linguistica, di didattica, di pedagogia). Chi naviga sul sito trova anche moltissimi testi, di articoli centrati su temi specifici di educazione linguistica: la scelta è agevolata da un indice tematico che consente di selezionare autore o tema. Fra i temi – a loro volta articolati in sottotemi, più specifici – troviamo ad esempio: Leggere e comprendere, Lessico, Riflessione grammaticale, Scrivere, Svantaggio linguistico, Tipi di testo, Trasversalità dell’educazione linguistica, Insegnamento / apprendimento. Ci sono anche per intero tutti i numeri di una rivista che ha avuto grande fortuna fra gli insegnanti (e, a dire il vero, anche fra gli appassionati di lingua e linguistica): “Italiano e Oltre”. Oltre 5000 pagine di lettura piacevole ma intelligente, ricche di riflessioni, analisi critiche, suggerimenti, ancorate alla realtà insieme costante e mutevole della lingua e delle lingue, della scuola e delle scuole, della società e – ormai si può dire – della civiltà. E c’è tanto altro ancora, di teoria linguistica e di pratica didattica, di scuola e di società.
Chi lo farà, non avrà più dubbi sull’attualità del GISCEL, 50 anni dopo. Forse, gli sembrerà che sia nato ieri. Oppure oggi.
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