Eugenia Rafaniello
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Il fenomeno dell’aumento dell’età media della popolazione e, con esso, quello del numero delle persone affette da malattie neurodegenerative ad oggi presenta un impatto economico e sociale significativo. Secondo i dati ISTAT del 2019, nel nostro paese si è registrato oltre un milione di pazienti ritenuti cognitivamente fragili, con circa 600.000 casi di Alzheimer. Per ottimizzare gli interventi assistenziali, diversi studi sono stati impiegati al fine di individuare le cause che portano alla demenza e i metodi adeguati per una possibile posticipazione dell’onset o del progredire della patologia. Sottoporsi costantemente ad attività mentalmente stimolanti può avere effetti positivi sulle abilità cognitive perché contribuisce ad aumentare la Riserva Cognitiva che, in caso di danni cerebrali, agevola l’attivazione di vie neuronali alternative.
Dai risultati di alcune ricerche è stato osservato che la conoscenza di più di una lingua, indipendentemente dal numero di lingue conosciute, dal tipo o dal loro uso, è una delle attività stimolative più efficaci. Questo perché, come raffigurato nella Figura 1, tutte le lingue che apprendiamo, compresa quella madre (L1), vengono collocate nella medesima area cerebrale, creando un unico sistema linguistico. Quindi, per comunicare, diventa necessario svolgere un costante esercizio di inibizione delle lingue non target. Per esempio, quando un monolingue sceglie una parola come mela, vengono contemporaneamente inibite sia le parole che sul piano paradigmatico intrattengono relazioni di tipo semantico (pera, arancia), sia quelle di ‘vicinato fonologico’ (vela, tela). Lo stesso processo avviene anche nel cervello di una persona bilingue: con l’attivazione della parola mela nella lingua A, si inibisce sia l’equivalente parola nella lingua B, sia le parole semanticamente e fonologicamente simili nella stessa e nelle altre lingue conosciute. Ciò migliora soprattutto tutte quelle attività che richiedono un alto livello di attenzione e multitasking.
Figura 1. Sistema linguistico.
È stato inoltre dimostrato che le persone colpite da malattie neurodegenerative, se bilingui, manifestano clinicamente i primi sintomi di demenza fino a 5 anni più tardi. Questo però non implica un ritardo nella genesi della patologia di per sé, ma la possibilità di posticipare il manifestarsi dei suoi sintomi, dando la possibilità all’individuo di godere di qualche anno in più di autosufficienza e indipendenza (cfr. Figura 2).
Figura 2. Ritardo nella diagnosi della patologia.
Nella società contemporanea risulta quindi importante il concetto di ‘invecchiamento attivo’, termine con cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce quel processo che garantisce opportunità di salute, partecipazione e sicurezza sociale, man mano che le persone invecchiano, al fine di migliorarne la qualità della vita. In tale definizione è incluso quindi il principio di estendere l’attività delle persone anziane all’inclusione e alla partecipazione alla vita sociale, civica o culturale, ribaltando il principio di vederle come un mero peso per la società.
Sulla base di tali ricerche, nel 2014 in Scozia nasce il progetto Lingo Flamingo, una scuola che si occupa di offrire lezioni di lingue straniere a persone definite cognitivamente fragili, con lo scopo di fornire una stimolazione cognitiva usando come canale principale l’innalzamento del filtro affettivo e del benessere psicologico. Numerosi studiosi, infatti, confermano lo stretto legame che vi è tra il benessere psicologico e il rallentamento della progressione delle malattie. La scuola si pone tra i suoi principali obiettivi quello di attenuare gli atteggiamenti depressivi connessi frequentemente a questo tipo di patologie, stimolando le capacità di sviluppare una maggiore consapevolezza e autostima di sé.
In linea con tali principi, durante le lezioni di Lingo Flamingo si predilige un tipo di didattica umanistico-affettiva, che si contraddistingue per la centralità che assumono gli aspetti relazionali e l’attenzione verso l’autorealizzazione. Tale approccio presenta una grande attenzione verso tutti quegli aspetti dell’emotività e delle dinamiche affettive presenti all’interno del gruppo, al fine di creare un ambiente di fiducia e familiarità. L’apprendimento nella fascia di età considerata ‘matura’, dai 65 anni in su, e tanto più per i più anziani o per chi è già affetto da malattie neurodegenerative, può essere influenzato da fattori che ne condizionano il processo. Per questo è importante tenere in considerazione le dinamiche psicologiche che possono entrare in gioco quando si partecipa a nuove attività e si socializza con nuove persone: ansia, frustrazione e paure, sempre più acute con l’avanzare degli anni.
È noto che non esiste un approccio universalmente adatto a tutte le tipologie di studenti adulti bensì, per una didattica efficace, è necessaria una valutazione a priori del background e dei bisogni che caratterizzano i singoli apprendenti. Per questa ragione, prima dell’inizio di ogni ciclo di lezioni, il personale di Lingo Flamingo conduce delle interviste mirate a conoscere gli obiettivi, le priorità e le aspettative dei futuri studenti. In aggiunta, vengono svolti test di carattere psicologico e cognitivo per delineare lo stato delle funzioni cognitive dei soggetti, il livello di autostima, ansia e depressione o qualsiasi altra variabile psicologicamente rilevante, così da avere dati oggettivi sullo stato di ogni partecipante all’inizio dell’attività. Questi dati sono quindi disponibili per un eventuale confronto alla fine del corso.
Il quadro appena descritto, ma soprattutto l’esperienza in prima persona come insegnante madrelingua con Lingo Flamingo in Scozia e i risultati positivi che il progetto scozzese ha ottenuto fino ad oggi, mi hanno spinto ad avviare lezioni destinate a questo target di studenti anche sul territorio italiano. Partendo dalla città di Bologna, ad ottobre 2019 sono partiti dei corsi di inglese presso l’associazione di promozione sociale Non Perdiamo la Testa che, già da anni, fornisce attività di stimolazione cognitiva con lezioni di ginnastica mentale a persone con demenza e sostegno psicologico specializzato ai loro familiari. I corsi sono stati destinati sia a persone con un ‘MCI’ (decadimento cognitivo lieve), sia a chi si trova in fase di demenza già avanzata. Grazie ai numerosi iscritti, è stato inoltre possibile suddividere i partecipanti in gruppi diversi, in base alle loro capacità cognitive, col fine di raggiungere una maggiore omogeneità del gruppo classe. Ogni gruppo ha frequentato un ciclo di 10 lezioni, all’inizio delle quali è stato svolto un test cognitivo, presentato in maniera informale, dove sono state osservate le abilità di logica e intuizione linguistica.
In linea con le modalità didattiche elaborate in Scozia, l’esperienza italiana sta fornendo ulteriori possibilità di poter affinare nuovi metodi didattici che possano agevolare l’apprendimento degli studenti in questione. Uno di questi, è l’utilizzo di più sensi che permette di evitare situazioni di forte frustrazione e imbarazzo che la mancanza di padronanza di alcune abilità fisiche potrebbe provocare. Prendiamo l’esempio di una studentessa ipovedente che si trova a partecipare ad una lezione in cui le attività didattiche prevedono l’uso del gusto e del tatto. Questa studentessa beneficerà di un simile approccio, non solo in termini di apprendimento, ma anche di soddisfazione personale e riduzione della frustrazione. Per facilitare la memorizzazione, è stata inoltre incentivata l’associazione delle nuove parole inglesi con termini che richiamano un suono simile della propria lingua madre (cfr. Figura 3). Questo tipo di esercizio è apparso molto utile anche per la reiterazione delle terminologie quotidiane della lingua italiana che, in uno stato di declino cognitivo, risultano sempre meno salienti. Il processo di ripetizione, tramite l’utilizzo di un’altra lingua, favorisce quindi una maggiore padronanza della propria lingua madre, ovviando alla frustrazione che esercizi noiosi e poco stimolanti avrebbero potuto procurare agli individui.
Grapes (uva) | Grappolo → uva |
Pillow (cuscino) | Pillola per dormire → cuscino |
Figura 3. Esempio di associazioni fonologiche che facilitano il ricordo del significato semantico.
A causa dell’interruzione dei corsi avvenuta lo scorso marzo, non è ancora possibile registrare significativi risultati per poter trarre delle conclusioni, fatta eccezione per i dati relativi alla frequenza da parte degli alunni che ha raggiunto il 72% di partecipazione. L’obiettivo, però, rimane quello di poter fornire ulteriori dati alla ricerca e incrementare i servizi assistenziali dedicati alla preservazione delle facoltà cognitive delle persone definite come cognitivamente fragili, con il fine ultimo di migliorarne il benessere psicologico.
Per approfondire
Bak, Thomas. 2016. The impact of bilingualism on cognitive ageing and dementia: finding path through a forest of confounding variables. Linguistic Approaches to Bilingualism 6. 205-226.
Bialystok, Ellen, Fergus Craik & Gigi Luk. 2012. Bilingualism: Consequences for mind and brain. Trends in Cognitive Science 16. 240- 250.
Denes, Gianfranco. 2009. Parlare con la testa. Le basi neurologiche e la struttura del linguaggio. Bologna: Zanichelli.
Fabbro, Franco. 1996. Il cervello bilingue. Neurolinguistica e poliglossia. Roma: Astrolabio.
1 Commento
Anna Giacalone 13 Gennaio, 2021
ho trovato la linea di ricerca molto interessante ,mi auguro che possa andare avanti, coinvolgendo sempre più soggetti
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