Yahis Martari
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Canzoni, video tutorial, serie tv: non solo intrattenimento, ma anche didattica. I materiali multimediali autentici, infatti, sono strumenti di straordinaria efficacia per l’apprendimento linguistico, in contesto sia guidato che spontaneo. Basti pensare che, all’interno di un approccio formalizzato di tipo (più o meno) comunicativo, il lavoro glottodidattico a partire da materiali audiovisivi rappresenta uno strumento adatto ad affrontare praticamente tutti i temi intorno ai quali è strutturato, oggi, un manuale di lingua: dalla descrizione delle azioni quotidiane comuni e non, alla rappresentazione degli ambienti domestici e degli spazi civili, fino alla definizione dei sentimenti e delle condizioni fisiche. Sul fronte dell’acquisizione in contesto non formalizzato, d’altra parte, è noto quanto i più giovani rafforzino le loro conoscenze delle lingue straniere guardando film e ascoltando canzoni. Anzi, a volte si inizia proprio da lì: dalle parole di una canzone. Tutto questo è fondamentale nell’era multimediale e digitale nella quale viviamo. Ma non è certo un fenomeno nuovo, se è vero che l’italiano in area mediterranea (Albania, Malta etc.), fino a pochi anni fa, era appreso spontaneamente proprio attraverso l’input di programmi televisivi di emittenti italiane (Caruana 2003).
In particolare, nell’era dello streaming digitale, series e serial – diverse declinazioni della serialità – rappresentano un campo di addestramento alle abilità linguistiche soprattutto ricettive (ma non solo) nuovo e differente rispetto al cinema (Diadori, Carpiceci & Caruso 2020), benché molti degli impieghi della serialità nella classe di lingua possano essere riportati anche alla dimensione del testo cinematografico.
Quali sono i vantaggi di uno sfruttamento glottodidattico dei materiali seriali? Il primo è certamente ‘motivazionale’. Infatti, testi lunghi come Game of Trones (dal 2011) o Il commissario Montalbano (dal 1999) permettono di sfruttare una maggiore ‘fidelizzazione’ ai personaggi rispetto ai prodotti cinematografici non seriali. Perché una lunga narrazione consente di ‘affezionarsi’ maggiormente ai protagonisti. Inoltre, la serialità innesca un continuo processo di ‘ritorno al già noto’: per le situazioni, per gli ambienti, e – in alcuni casi – per i tormentoni linguistici; basti pensare alle scenografie interne caratteristiche – dal pub di Happy days (dal 1974) all’appartamento di Big Bang Theory (dal 2007), fino alle scene domestiche di Un posto al sole (dal 1996). E, ancora, la serialità offre un repertorio di icone della quotidianità; ovvero dei modelli rispetto ai quali lo spettatore percepisce un sempre più profondo e inestricabile legame empatico. Un altro vantaggio è la possibilità di riconoscere registri linguistici caratteristici dei singoli personaggi che diventano più familiari rispetto a quelli del lungometraggio e dai quali emergono quindi stilemi riconoscibili – si pensi ad esempio alle inconfondibili coloriture dialettali di Montalbano.
La seconda domanda fondamentale è la seguente: nel mare ormai sterminato delle serie (quelle italiane in buona parte liberamente accessibili sulle piattaforme Rai e Mediaset) quali sono le più adatte al contesto glottodidattico?
Per prima cosa bisogna tenere conto del fatto che quello della serialità italiana e non rappresenta uno spazio linguistico in continua espansione e in continua trasformazione. Guardando solo al contesto italiano, se è vero che prevalgono gli affreschi linguistici appiattiti in un unico e compatto registro espressivo medio – comunque rappresentativo delle tendenze dell’italiano standard contemporaneo – non manca tuttavia una sempre più nutrita rappresentazione delle varietà, dove trovano spazio gli italiani regionali, dialettali, giovanili, l’italiano di stranieri e un’ampia gamma di differenti situazioni comunicative credibilmente rappresentate (Martari 2019).
Linguisticamente, è possibile scegliere il materiale seriale da didattizzare all’interno di queste quattro macrocategorie (presentate qui in base a un livello crescente di difficoltà linguistica):
- Serie non italiane doppiate, utili per esercitarsi sull’italiano standard, senza particolari marche diatopiche (cioè coloriture linguistiche – fonetiche, lessicali e sintattiche – regionali o dialettali) o diastratiche (cioè elementi linguistici caratteristici di parlanti incolti o molto colti): ad esempio Grey’s Anatomy (dal 2005).
- Serie italiane con un uso della lingua standard ed eventuali coloriture regionali ma lontano dal parlato reale per lessico e forme sintattiche: ad esempio Don Matteo (dal 2000).
- Serie italiane con un uso della lingua standard vicina al parlato reale, per lessico, forme sintattiche e coloritura regionale: ad esempio Rocco Schiavone (dal 2016).
- Serie italiane con un uso della lingua non standard e molto marcato diatopicamente e diastraticamente: ad esempio Gomorra (dal 2014).
Può essere utile iniziare proprio da una serie doppiata. Perché una serie televisiva con un buon doppiaggio (anche su questo tema si rimanda a Martari 2019) permette talora di contare su di una conoscenza precedente del testo in lingua originale. E anche nel caso in cui l’apprendente non abbia precedentemente visto o non ricordi la sequenza didattizzata (e quindi non abbia conoscenza delle battute nella lingua originale) “può essere aiutato nella comprensione dal fatto di saper mettere in atto meccanismi di previsione e di formulazione delle ipotesi” (Motta 2017: 72).
Per contro, dal punto di vista didattico, il valore aggiunto delle produzioni italiane è l’immancabile tendenza a raccontare soprattutto la ‘normalità’ della società e della cultura nazionale: gestualità, abbigliamento, prossemica, ambienti tipici e situazioni culturali significative. Talvolta tale racconto è stereotipato e linguisticamente inverosimile; ma il ricorso a cliché linguistici non rappresenta un male assoluto, anzi: soprattutto per apprendenti lontani dal livello di padronanza, in molti casi si tratta di una definizione molto nitida, anche se convenzionale e un po’ scontata, di copioni interazionali ritualizzati, rappresentativi della cultura italiana.
E come si fa, concretamente, a lavorare su questi materiali nella classe di lingua? Facciamo solo qualche piccolo esempio.
Innanzitutto, si parte da ascolto e comprensione. Per il lavoro didattico sull’audiovisivo, è sempre indispensabile iniziare dall’ascolto e dalla visione di una sequenza. Si può poi proporre un classico questionario (V/F, crocette etc.) sulla comprensione globale dei contenuti della sequenza. A partire dal registro visivo e sulla base di un primo ascolto del registro orale, un secondo esercizio per la comprensione globale può riguardare la definizione lessicale di ambienti, sentimenti dei protagonisti, società etc. Ad esempio lavorando su una scena di Grey’s Anatomy il tema dell’ospedale può essere collegato ad attività lessicali sul sistema sanitario (anche in confronto con quello dei paesi di provenienza degli apprendenti), sulle azioni necessarie in casi di emergenza medica e sul lessico italiano per definire i malesseri fisici e le malattie. Un compito di comprensione successivo può essere di carattere più analitico: dopo un ulteriore ascolto delle battute, potrebbe essere chiesto di completare un testo con parole mancanti secondo il modello cloze.
Poi si passa alla produzione. Il primo di vari compiti produttivi potrà essere la descrizione orale da parte dell’apprendente dei pochi elementi presenti nella scena, sulla base di alcune domande guida (Dove è ambientata la sequenza? In che momento della giornata si trovano i protagonisti? Etc.). Un altro suggerimento è il seguente. Riguardando il video senza sonoro, e ovviamente senza potere consultare la trascrizione, gli apprendenti possono provare a riscrivere il copione con le loro parole, utilizzando soltanto uno schema di alternanza delle battute. Si tratta, in questo caso, di ri-mettere in lingua lo script comunicativo noto, sul quale sono già state fatte altre attività, seguendo la struttura dell’originale.
E infine si focalizzano, se occorre, alcuni significativi fenomeni grammaticali. È sempre possibile (e nel caso di alcune tipologie di apprendenti decisamente preferibile!) proporre dei focus grammaticali sulle forme presenti nella scena e significative rispetto al livello di competenza linguistica e metalinguistica degli apprendenti con l’aiuto di un manuale oppure di una grammatica adeguatamente pensati per apprendenti di L2 (come ad esempio Duso 2019).
Per approfondire
Diadori, Pierangela, Stefania Carpiceci & Giuseppe Caruso. 2020. Insegnare italiano L2 con il cinema. Roma: Carocci.
Caruana, Sandro. 2003. Mezzi di comunicazione e input linguistico: l’acquisizione dell’italiano L2 a Malta. Milano: FrancoAngeli.
Duso, Elena Maria. 2019. Grammatica dell’italiano L2. Roma: Carocci.
Martari, Yahis. 2019. Insegnare italiano L2 con i mass media. Roma: Carocci.
Motta, Daria. 2017. Il doppiaggio televisivo come strumento didattico per l’insegnamento dell’italiano LS. Dall’adattamento culturale dei testi alla didattica della fraseologia. Italiano LinguaDue 9(1). 70-82.
1 Commento
chiara 30 Settembre, 2020
Questo articolo è utilissimo, grazie!
Pensa che si possa optare per questa tecnica anche con studenti di livello A1-A2?
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