Chiara Gianollo
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
L’Italia è un Paese storicamente plurilingue (su Linguisticamente se ne è parlato qui), ma è anche, storicamente, un Paese di emigrazione. La condizione di essere, invece, meta di processi migratori è relativamente recente per l’Italia, così come è recente il fenomeno del neoplurilinguismo, che a tale condizione si accompagna. Per neoplurilinguismo si intende la presenza di lingue esogene portate in Italia a partire dagli ultimi decenni del Novecento da comunità di immigrati gradualmente stabilitesi nel nostro Paese. Le ‘nuove’ lingue, negli appartenenti a queste comunità che sono nati in Italia, si affiancano con inedita naturalezza all’italiano: ‘naturalezza’ nel senso che sia la lingua familiare che la lingua della comunità più ampia, l’italiano, vengono apprese fin dalla più tenera età e in contemporanea; ‘inedita’ perché la generazione precedente ha appreso, invece, l’italiano come lingua straniera in età adulta e in condizioni spesso sfavorevoli (sotto la pesante pressione esistenziale legata ai bisogni primari e per lo più senza il supporto di un apprendimento strutturato).
Il sistema scolastico sta ovviamente svolgendo un ruolo chiave in questa trasformazione sociale ed è il principale agente di inclusione: è l’ambiente principale di esposizione alla lingua e alle convenzioni sociali della comunità nazionale e ha la grande responsabilità di garantire condizioni educative paritarie che bilancino le disuguaglianze dei contesti socio-culturali di provenienza e garantiscano opportunità di realizzazione personale e lavorativa. È chiara l’importanza che gli aspetti linguistici assumono nel percorso educativo: cosa può fare, allora, la linguistica per contribuire al processo di inclusione e alla trasformazione della didattica richiesta dalla trasformazione della società?
Per rispondere, almeno schematicamente, a questa domanda bisogna ricordare un presupposto fondamentale e ormai consolidato nella ricerca linguistica, che su Linguisticamente è stato presentato qui: il plurilinguismo è fattore di arricchimento, sia a livello individuale (per il potenziamento di capacità cognitive e abilità sociali), sia a livello della società (per la presenza di competenze differenziate e altamente spendibili sul piano lavorativo, e per una generale apertura e accoglienza generata dalla convivenza delle diversità). A partire da questa premessa, la linguistica si adopera per una didattica innovativa che garantisca la maturazione e il consolidamento delle competenze linguistiche in italiano, e allo stesso tempo valorizzi l’apporto del plurilinguismo, preoccupandosi di riconoscere anche il ruolo delle ‘lingue madri’. Prima l’italiano, quindi, per ineludibili necessità di inclusione nelle attività didattiche, che garantiscano la riuscita scolastica e la piena fruizione delle opportunità. Subito dopo, però, e – si spera – sempre più affiancate all’italiano man mano che diminuisce l’urgenza sociale di inclusione, le lingue della famiglia e della comunità d’origine.
Quella degli allievi provenienti da un contesto migratorio è una categoria fortemente eterogenea. Ci sono i nuovi arrivati in Italia, che raggiungono il Paese dopo aver interrotto un percorso di istruzione altrove e vengono inseriti a scuola con pochissime competenze linguistiche in italiano; tra di loro ci sono anche minori non accompagnati: per queste persone è essenziale un’attività che privilegi lo sviluppo di competenze nella lingua del Paese d’arrivo. Ci sono anche, però, e sono largamente preponderanti, i nati in Italia da genitori stranieri (i dati MIUR 2019 ci dicono che degli studenti con cittadinanza non italiana, il 63% è nato in Italia; per il documento completo vedere qui). Queste persone sono parlanti nativi di italiano e, al contempo, di una o più lingue parlate in famiglia. L’intervento didattico dovrà avere, di conseguenza, finalità diverse: dovrà basarsi sulle conoscenze pregresse (l’italiano acquisito in maniera spontanea dall’ambiente sociale e rafforzato dalla frequenza del nido e della scuola dell’infanzia, prima che si inizi con la lettoscrittura alle primarie); dovrà saper costruire la ‘lingua dello studio’, quindi quel complesso di varietà di lingua e quello specifico bagaglio lessicale proprio degli usi più formali e elaborati, a partire dalle intuizioni native degli individui sulla lingua italiana dell’uso.
L’intervento didattico sarà, poi, tanto più efficace, quanto più saprà integrare nelle attività anche le competenze sviluppate nell’altra lingua, la lingua delle relazioni affettive primarie e della vita di casa. Solo in questo modo, nel momento in cui tutte le lingue del repertorio sono attivate e coinvolte nel processo di apprendimento, è possibile fare del plurilinguismo una vera risorsa. Solo così, inoltre, è possibile coinvolgere attivamente le famiglie immigrate nel percorso educativo: per esempio, l’apporto dei genitori sarà decisamente più utile se si consiglierà loro di leggere a casa ad alta voce nella lingua della famiglia, piuttosto che in un italiano in cui molto spesso i genitori hanno competenze inferiori rispetto ai figli. La lettura ad alta voce aiuta a sviluppare competenze narrative, che coinvolgono imprescindibili strumenti linguistici di strutturazione e coesione testuale, dal valore generale, facilmente condivisibili in tutte le lingue del repertorio. Con gli adeguati interventi didattici, perfino il lessico italiano potrà risultare rafforzato da queste letture nella lingua di casa: si potrà, per esempio, consigliare letture analoghe a tutti (favole, romanzi tradotti in più lingue, pagine web multilingui) e poi procedere a scuola alla creazione di un vocabolario comparato, per il quale, insieme, si trovino i corrispondenti italiani di termini chiave incontrati nel testo. In questo modo, il plurilinguismo diventa una risorsa condivisa a livello di classe, capace di arricchire anche chi è cresciuto in una condizione di tendenziale monolinguismo.
Per i nati in Italia, spesso è la lingua della famiglia ad avere il ruolo più precario all’interno del repertorio: la lingua, appresa nell’infanzia, si indebolisce se non utilizzata in contesti ulteriori rispetto a quello familiare e se non supportata dallo sviluppo di abilità di lettoscrittura (si tratta del fenomeno delle heritage languages, ben conosciuto in realtà migratorie più mature di quella italiana). Questo può succedere, in particolare, alle lingue considerate meno ‘utili’ perché meno spendibili a livello lavorativo. Ma cosa sappiamo di quale sarà la realtà lavorativa di bimbi che entrano ora alla scuola dell’infanzia? E a quali rischi per lo sviluppo dell’identità personale si va incontro perdendo la lingua degli affetti e delle radici familiari? Non dimentichiamo, inoltre, che i vantaggi cognitivi del plurilinguismo si realizzano a prescindere dalle specifiche lingue coinvolte e dal loro prestigio.
La linguistica, nelle sue varie specializzazioni (dalla sociolinguistica alla glottodidattica, dalla linguistica tipologica a quella comparativa), può indubbiamente fornire strumenti essenziali per l’accoglienza, il potenziamento e la valorizzazione degli allievi plurilingui. È fondamentale che lo faccia in particolare in questa fase, in cui l’emergenza sanitaria ha moltiplicato gli effetti delle diversità dei retroterra socio-culturali e acuito le carenze del sistema educativo. Per i nati in Italia da famiglie non italofone è forte il rischio di regressione linguistica, a causa della pesante riduzione, certamente non colmata dalla didattica a distanza, nell’esposizione alla lingua della comunità, soprattutto nella fase cruciale dei nidi, della scuola dell’infanzia, della scuola primaria.
Per approfondire
Chini, Marina & Cecilia Andorno (a cura di). 2018. Repertori e usi linguistici nell’immigrazione. Una indagine su minori alloglotti dieci anni dopo. Milano: FrancoAngeli.
Favaro, Graziella. 2011. A scuola nessuno è straniero. Milano: Giunti Scuola.
Favaro, Graziella (a cura di). 2020. Quante lingue in classe! Conoscere e valorizzare la diversità linguistica delle scuole e dei servizi per l’infanzia. Italiano LinguaDue 12(1). Numero monografico.
Ongini, Vinicio. 2011. Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale. Bari: Laterza.
Vedovelli, Massimo (a cura di). 2017. L’italiano dei nuovi italiani. Roma: Aracne.
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