Lucia Busso
Aston University
Se, come me, siete avidi consumatori di serie TV true crime, avrete probabilmente visto o sentito parlare di Manhunt, la serie di Netflix sul caso Unabomber negli Stati Uniti. La serie – seppur in modo romanzato – racconta la storia della cattura del bombarolo seriale Ted Kaczynski da parte dell’FBI. Grazie alla pubblicazione del suo manifesto La società industriale e il suo futuro (The industrial society and its future), l’FBI è riuscita a identificare Unabomber confrontando le peculiarità linguistiche del manoscritto con quelle di alcuni scritti inediti di Kaczynski, in uno dei casi più eclatanti in cui il linguaggio e la linguistica hanno aiutato le forze dell’ordine a risolvere un crimine. Se siete interessati a un resoconto un po’ più scientifico dell’accaduto nel caso Unabomber, insieme ad altri 5 casi criminali in cui le indagini hanno fatto uso della linguistica, consiglio questo articolo in inglese di Robert Leonard, un famosissimo linguista forense.
Che cos’è la linguistica forense?
In poche parole, la linguistica forense è la branca della linguistica che si occupa di “ottenere giustizia tramite l’analisi del linguaggio” (Aston Institute for Forensic Linguistics, sito web). Più nello specifico, la linguistica forense si occupa di applicare metodi scientifici rigorosi all’analisi del linguaggio in un’ampia gamma di situazioni di ambito legale e forense, come ad esempio la complessità del linguaggio legale, la comunicazione nell’ambito dei tribunali, gli interrogatori di polizia orali e le loro trascrizioni, l’attribuzione di un testo a uno specifico autore, ecc. Infatti, come dice Robert Leonard nell’articolo citato in precedenza, il linguaggio è fondamentale in tutti i sistemi legali. Come in ambito forense biologia e fisica vengono applicate a fornire metodi di interpretazione per i dati medici e balistici, così la linguistica forense offre metodologie per comprendere i dati linguistici nei processi legali.
La linguistica forense non si occupa solo di indagare su crimini attraverso il linguaggio, ma anche dei cosiddetti language crimes, cioè i crimini che sono commessi con il linguaggio stesso, come ad esempio le minacce, le estorsioni, i casi di hate speech, ecc.
Ma cosa studia nello specifico la linguistica forense?
I linguisti forensi (come i linguisti generali) studiano il linguaggio a diversi livelli di analisi e granularità. Quindi un linguista forense può occuparsi di fonetica, morfologia, sintassi, semantica, pragmatica. Facciamo qualche esempio pratico (l’elenco non è esaustivo):
- Strutture e schemi grammaticali: l’uso di diverse strutture grammaticali, o della punteggiatura, permette di distinguere tra autori diversi, o tra fake news e notizie reali.
- Semantica lessicale e frasale: il linguaggio legale è per sua natura vago e può quindi risultare ambiguo. Lo studio scientifico del significato può aiutare nelle dispute legali o in casi in tribunale.
- Fonetica forense: lo studio delle differenze di pronuncia di parlanti diversi, o parlanti di dialetti o lingue diverse è particolarmente usato nell’analisi di intercettazioni telefoniche.
- Sociolinguistica: lo studio della relazione tra società e linguaggio è cruciale nella linguistica forense, ad esempio per risalire al profilo sociodemografico e socioculturale (età, sesso, livello di istruzione, ecc.) di un autore ignoto.
- Tipologia: informazioni di carattere tipologico aiutano i linguisti forensi a studiare situazioni di interazione cross-linguistica, come ad esempio interrogatori di polizia mediati da interpreti o casi di testi scritti da parlanti di un’altra madrelingua.
- Pragmatica: la pragmatica viene usata in moltissimi studi di linguistica forense, specialmente nella valutazione dell’inganno (deception studies) e nello studio di implicature e inferenze in vari campi (interrogatori, linguaggio del web, lettere minatorie…).
Che metodi usa la linguistica forense?
Anche i metodi di ricerca variano in modo considerevole all’interno di questa disciplina, spaziando da metodologie qualitative di analisi come la Critical Discourse Analysis, la Conversation Analysis o l’annotazione semantica all’uso di algoritmi computazionali complessissimi (come le reti neurali o la creazione di metodi avanzati di cybersecurity), passando per la linguistica dei corpora e l’uso di questionari rivolti a parlanti nativi. Per un assaggio di come la linguistica dei corpora è usata in linguistica forense, qui trovate me e il direttore del mio istituto, il Professor Tim Grant, ospiti ad un podcast dedicato a questo argomento.
Se vi interessa vedere alcuni tipi di dati linguistici che i linguisti forensi studiano, ecco il link alla banca dati online FoLD (FOrensic Linguistic Databank), un archivio digitale gestito da me e altri colleghi dell’Aston University che mira a pubblicare dati di interesse per la comunità scientifica. Non tutti i dataset possono essere esplorati senza previa autorizzazione (per motivi di sensibilità dei dati o di permessi delle forze dell’ordine), ma potete farvi un’idea iniziale di alcuni studi portati avanti dai miei colleghi e da altri ricercatori che lavorano negli ambiti di linguistica forense.
Un po’ di storia…
La linguistica forense è una disciplina relativamente nuova rispetto ad altre aree della linguistica. Il primo caso di uso della disciplina risale infatti al 1953, con il libro The Evans Statements: A Case for Forensic Linguistics di Jan Svartvik. L’autore descrive dettagliatamente la sua analisi della confessione rilasciata alla polizia da Timothy Evans, accusato di aver ucciso la sua famiglia e condannato a morte nel 1950. Svartvik utilizzò analisi linguistiche qualitative e quantitative per sollevare dubbi sull’effettiva paternità della confessione, e suggerì che la polizia avesse pesantemente alterato la dichiarazione di Evans, e che questi fosse in effetti innocente. Evans fu poi graziato postumo nel 1966. Nonostante il primo caso noto risalga agli anni 50, la disciplina non si stabilì come autonoma (quindi con cattedre dedicate) fino agli anni 90. Il primo Master of Arts in linguistica forense (la nostra laurea magistrale) è stato introdotto all’università di Cardiff nel 1999, e il primo centro di ricerca esclusivamente dedicato a questa disciplina è stato aperto nel 2008 alla Aston University. Ad oggi, l’istituto di linguistica forense alla Aston University (AIFL) è il centro di ricerca in linguistica forense più grande al mondo, e raduna alcuni dei più famosi studiosi del settore.
Oggi la linguistica forense è largamente affermata internazionalmente, specialmente nel mondo anglosassone. L’International Association for Forensic and Legal Linguistics riunisce i linguisti (accademici o che lavorano nel settore privato come consulenti) che si occupano di questa disciplina, e organizza ogni due anni una conferenza mondiale che riunisce tutti gli esperti del settore. Nel 2021 la conferenza si è tenuta (virtualmente) all’Aston Institute for Forensic Linguistics a Birmingham, UK, dove lavoro. La prossima, nel 2023, si terrà all’università di Santo Tomas a Manila (Filippine). Le riviste internazionali principalmente usate per le pubblicazioni scientifiche in quest’ambito sono The International Journal of Speech, Language and the Law e Language and Law / Linguagem e Direito.
Dalle aule universitarie alle aule di tribunale, il linguista come testimone esperto
In aggiunta alla ricerca accademica (l’occupazione principale dei linguisti forensi, che sono solitamente ricercatori e professori di linguistica), al linguista forense viene spesso richiesto di fare perizie in tribunale. Nel suo lavoro di esperto, il linguista forense analizza le ‘prove’ a sua disposizione (cioè qualunque testo o collezione di testi sia in esame: e-mail, lettere, intercettazioni telefoniche, contratti, ecc.) e applica metodi linguistici per fornire alla corte un’opinione su quanto gli è stato richiesto (chi è l’autore del testo, quale sia il significato plausibile di termini non chiari, ecc.).
I linguisti forensi solitamente si dividono tra il lavoro accademico e gli impegni di consulenza privata per la polizia o i tribunali. I servizi di consulenza dei linguisti forensi possono infatti essere richiesti sia dal tribunale stesso, che dagli avvocati difensori, che dalla polizia per un aiuto alle indagini. Le prove fornite dall’analisi linguistica però non sono sempre accettate in tribunale come ammissibili. Quindi non sempre i linguisti forensi arrivano a testimoniare in tribunale come esperti (anche se succede abbastanza spesso, almeno nel sistema giudiziario britannico), ma le loro analisi vengono usate come parte del lavoro di avvocati e polizia prima di arrivare in tribunale. Per un’analisi approfondita del ruolo del linguista forense come testimone esperto, vi consiglio questo ottimo articolo di Malcolm Coulthard, il detentore della prima cattedra al mondo in linguistica forense e professore emerito ad Aston.
E in Italia?
La linguistica forense resta (per ora) principalmente diffusa nel mondo anglosassone, mentre nel panorama accademico e professionale italiano è ancora poco nota: non esistono corsi di laurea ad essa dedicati, e pochissimi accademici ne fanno la loro area di indagine principale (una delle poche eccezioni è il professor Luciano Romito dell’Università della Calabria, che si occupa di fonetica forense). Ciononostante, la linguistica forense è stata utilizzata nel corso dei decenni anche in Italia in processi civili e penali, specialmente per identificare gli autori di alcuni testi. Negli ultimi anni l’interesse verso questa disciplina sta crescendo anche da noi, a livello accademico e nell’opinione pubblica, anche grazie ai lavori dei ricercatori, alle pubblicazioni straniere e all’influenza nella cultura popolare di serie tv e podcast sull’argomento, proprio come Manhunt.
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