Raymond Siebetcheu
Università per Stranieri di Siena
Alcuni anni fa in un convegno sul plurilinguismo, svoltosi all’estero, un collega rimase stupito all’idea che ci sarebbe stato un intervento sul calcio.
Alla fine di una mia intervista al direttore sportivo di una squadra professionistica, quest’ultimo, apprezzando il carattere innovativo del progetto, osservò quanto segue: “bellissima ricerca, ma domenica chi vince?” Per parafrasare, per questo direttore sembravano non contare le teorie di Saussure bensì i piedi e i gol dei giocatori.
Ma come stanno le cose?
I due esempi sopracitati suggeriscono forse un rischio di mischiare sacro e profano? È blasfemo associare lo sport alla linguistica? E se la risposta è no, quali solo i fattori che dimostrano che la linguistica è al servizio anche dello sport e che lo sport può essere un ambito d’indagine per la linguistica?
La linguistica dello sport
I linguisti che si sono occupati finora di sport hanno prevalentemente focalizzato l’attenzione sulla lingua dello sport intesa nella sua duplice accezione di lingua dei giornalisti sportivi e di linguaggio settoriale sportivo. Tra gli apripista in Italia ricordiamo Giacomo Devoto (1939), con il suo saggio Le lingue speciali: le cronache del calcio, in Lingua nostra, I (1939).
I linguisti che si occupano di cronache sportive dedicano un’attenzione particolare ai forestierismi, i quali arricchiscono anche il lessico comune, soprattutto quando si riferiscono a discipline molto seguite da tifosi e mass media. Trovano inoltre spazio nel linguaggio sportivo regionalismi, dialettismi e gergalismi. Degni di nota sono i vari tipi di adattamenti, tra cui molti di tipo morfologico (‘dribblare’, ‘crossare’, ecc.), i calchi sia di traduzione (‘fuorigioco’ > ‘offside’), sia semantici (‘calcio di rigore’ > ‘rigore’). Se lo sport è considerato come un produttore per eccellenza di emozioni, esso è anche un prolifico laboratorio di neologismi. Si può ricordare alcuni esempi legati al mondo del calcio, quali ‘veronica’, ‘elastico’, ‘bicicletta’, ‘cucchiaio’ che, come si può intuire, richiedono una conoscenza del contesto sportivo di riferimento per essere compresi.
Sempre nell’ambito delle cronache radiofoniche, televisive e trasmesse tramite i social media, un’attenzione particolare è dedicata all’uso delle figure retoriche e nella fattispecie alle metafore, tra cui quelle belliche (‘capo cannoniere’, ‘contrattacco’, ‘missile potente’, ecc.), cromatiche (‘Bianconeri’, ‘Rossoneri’, ‘Giallorossi’, ‘Viola’, ecc.), zoomorfe (‘zebra’ per Juventus, ‘grifone’ per Genoa, ‘lupa’ per Roma) e geometriche (‘diagonale’, ‘sfera’, ‘verticalizzazioni’). Un altro ambito d’interesse è l’onomastica, che studia i nomi propri di persona o di luogo. L’esempio emblematico è il neologismo ‘zona Cesarini’, che viene usato nel gergo calcistico per indicare gli ultimi minuti della partita, in quanto il giocatore Renato Cesarini era solito segnare i suoi gol sul finire delle partite. L’espressione viene anche usata nelle altre discipline sportive e nel linguaggio comune per indicare, appunto, ‘sul filo di lana’.
Questi esempi e molti altri costituiscono materiale prezioso che consente alla linguistica, nelle sue varie declinazioni, di occuparsi dello sport, anche a partire dai corpora relativi alla lingua scritta, parlata, trasmessa o digitata.
Se l’attenzione dei linguisti in questi anni si è quasi esclusivamente concentrata sul linguaggio giornalistico, scarseggiano ancora gli studi sistematici relativi ad altri ambiti legati alla linguistica. In realtà, la linguistica potrebbe, anzi dovrebbe interessarsi anche alle fonti scritte e orali che coinvolgono giocatori, allenatori, sponsor (tecnici e commerciali), arbitri e tifosi (in questo ultimo caso si segnala il riferimento frequente al turpiloquio, molto usato ma poco analizzato). Non a caso Alex Leith (cfr. Siebetcheu, 2020: 6), facendo riferimento al calcio, ricorda che la lingua del calcio ha tanti dialetti: la lingua usata dai calciatori sul terreno di gioco è completamente diversa da quella usata dai tifosi, che a sua volta è diversa da quella usata dai commentatori sportivi.
Lo sport per lo sviluppo linguistico
Lo sport non fornisce solo materiale di studio per i linguisti, ma è anche uno strumento per lo sviluppo linguistico e un’educazione linguistica democratica capace di coinvolgere tutti gli sportivi e i cittadini (facendo dimenticare le differenze sociali), nonché tutte le forme di linguaggio (verbale, gestuale, iconico, ecc.), cioè diversi tipi di semiosi.
Partendo da considerazioni teoriche, legate alla linguistica educativa e alla didattica ludica, lo sport può essere utilizzato come uno strumento che genera motivazione intrinseca. Lo sport consente, inoltre, l’elaborazione di percorsi didattici capaci di creare dei connubi tra concreto e astratto, lingua e movimento, linguaggio verbale e non verbale. L’educazione linguistica attraverso il gioco e lo sport può inoltre prendere in considerazione varie modalità sensoriali su cui si fondano, tra l’altro, la cosiddetta Rule of Forgetting di Stephen Krashen, che consente all’apprendente di imparare divertendosi, o meglio di divertirsi imparando, sviluppando così un’acquisizione inconsapevole. E nel momento in cui l’insegnamento si fa multisensoriale grazie alla manipolazione-esplorazione degli oggetti e delle cose, l’esperienza di apprendimento si fa più completa e produttiva (Freddi, 1990).
Tra i metodi didattici utilizzabili per l’apprendimento/insegnamento delle lingue in ambito sportivo ricordiamo, per citare solo un esempio, il Total Physical Response, basato sull’integrazione tra lingua e movimento. Anche se nel nostro Paese la didattica delle lingue nei contesti sportivi può essere considerata un’acquisizione recente, è opportuno ricordare che già nell’Ottocento il pedagogista tedesco Konrad Koch (1846-1911), insegnando l’inglese attraverso il gioco del calcio, osservava che la componente essenziale dell’educazione si trova sul campo di gioco, in quanto il gioco offre un momento di estraniamento dalla vita di tutti i giorni e una convivenza pacifica. Per chi non l’avesse ancora visto, consiglio caldamente di guardare il film Lezioni di sogni tratto dall’esperienza di Koch.
Tra gli studi condotti nell’ambito del Centro di Eccellenza della Ricerca dell’Università per Stranieri di Siena (cfr. Siebetcheu 2020), sono stati proposti diversi modelli di rilevazione per la mappatura e la gestione del plurilinguismo nelle società sportive. In realtà, grazie ai loro continui trasferimenti, gli sportivi entrano in contatto con molte lingue e culture arricchendo così i loro repertori linguistici. I modelli del Centro di Eccellenza senese sono inoltre applicabili nei contesti sociali e scolastici: da una parte lo sport è uno strumento di integrazione linguistica e culturale per gli immigrati, dall’altra è un mezzo ideale per promuovere ed insegnare le lingue nelle scuole. Sempre facendo riferimento alle ricerche condotte finora, è interessante considerare lo sport (e il calcio in particolare) come uno dei principali elementi culturali, insieme a cucina, moda e musica, che spinge gli stranieri a scegliere di studiare la lingua italiana.
Numerosi linguisti e filosofi hanno fatto riferimento allo sport per spiegare le loro teorie di educazione linguistica. Attraverso i suoi “giuochi linguistici”, Wittgenstein faceva riferimento anche allo sport inteso come paradigma di regole e non regole a cui sono legati gli usi linguistici. Come nel tennis, ci sono delle regole ben precise che vanno rispettate; ma non essendo tutto regolato (ad esempio non si dice quanto in alto o con quale forza si possa lanciare la palla da tennis), entrano in gioco anche le abitudini e le regole non scritte. Sulla stessa scia, per sottolineare l’importanza della dimensione pratica della lingua, Bruno Migliorini paragonava l’apprendimento linguistico all’apprendimento del nuoto, ponendo l’attenzione sulla nota distinzione tra il piano teorico e quello empirico, ovvero la distinzione fra la grammatica esplicita o riflessa e quella implicita o vissuta.
Queste brevi riflessioni suggeriscono che l’apparente distanza tra lo sport e la linguistica potrebbe costituire in realtà un punto di forza, in quanto consente di esplorare la dimensione teorica e pratica della lingua. Lo stesso Ferdinand de Saussure, considerato il fondatore della linguistica moderna, fu il primo ad assegnare un ruolo di spicco alla dimensione sociale del linguaggio.
Per approfondire
Freddi, Giuseppe. 1990, Azione, gioco, lingua. Fondamenti di una glottodidattica per bambini. Padova: Liviana.
Proietti, Domenico (a cura di). 1992. La lingua in gioco. Linguistica italiana e sport (1939-1992). Roma: Pellicani.
Rossi, Fabio. 2003. La lingua dello sport. Enciclopedia dello sport. 284-303.
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