Claudio Iacobini
Università di Salerno
Il Vocabolario di Base (in sigla VdB) nasce alla fine degli anni Settanta del Novecento da una consapevolezza di natura teorica e da un’ispirazione di natura democratica.
Il livello di lingua in cui sono più forti le correlazioni fra competenza del parlante (ricettiva e produttiva) e fattori extralinguistici (quali il livello di istruzione e l’integrazione sociale) è indubbiamente il lessico. La parola è al tempo stesso il luogo di massima integrazione sociale e di massima attualizzazione delle diseguaglianze. La conoscenza delle parole è infatti il tramite necessario per poter partecipare in modo attivo e cosciente alla vita sociale della propria comunità.
A partire dalla constatazione che uno stesso testo (sia esso scritto o orale) è capito in modi assai diversi a seconda della condizione sociale e del livello culturale a cui appartiene chi lo riceve, e che per la comprensione di un testo gioca un ruolo decisivo la comprensione delle parole che lo compongono, il linguista Tullio De Mauro ritenne necessario identificare all’interno del gran numero e varietà degli elementi lessicali della lingua italiana l’insieme delle parole note e condivise dai parlanti appartenenti a tutti gli strati sociali e livelli culturali. Solo dopo l’identificazione di tali parole sarebbe stato possibile fornire chiare indicazioni per la redazione di testi di alta leggibilità, testi cioè che fossero comprensibili alla maggioranza della popolazione che avesse frequentato la scuola dell’obbligo, ossia che avesse ottenuto la licenza media, una quota corrispondente all’epoca a circa il 23% della popolazione al di sopra dei 14 anni, ora salita a circa il 65%.
Il VdB secondo l’idea di De Mauro rappresenta l’insieme delle parole che costituiscono il minimo comune denominatore delle conoscenze lessicali da acquisire nella scuola dell’obbligo e, al tempo stesso, anche il punto di riferimento per redigere in modo comprensibile i testi rivolti alla gran parte della popolazione, a cominciare dai libri scolastici e divulgativi, ma anche le leggi, i regolamenti, le bollette telefoniche, le prescrizioni sanitarie, i foglietti illustrativi dei medicinali, le istruzioni per i viaggiatori.
I risultati degli studi di statistica lessicale della metà del Ventesimo secolo avevano permesso di individuare per il francese e per l’inglese un nocciolo duro di circa 2000 parole che da sole coprono circa il 90% delle parole usate nei vari tipi di testi di una lingua. Queste 2000 parole, che De Mauro identificò per l’italiano e chiamò Lessico Fondamentale, costituiscono dunque le conoscenze lessicali basilari, cioè le parole che tutti sanno riconoscere, capire e usare, quindi le più utili per comunicare e anche quelle che vengono apprese per prime; ne fanno parte parole quali albero, allegro, alzare, aria, avere, essere, e, o, ma, macchina, mare, mondo. Le parole del Lessico Fondamentale coprono all’incirca il 90% delle parole di un qualsiasi testo dell’italiano. Ne consegue che il restante 10% delle parole usate in un testo è tratto dall’inventario delle decine di migliaia di parole riconosciute (e in minor misura prodotte in forma orale o scritta) dall’insieme dei parlanti e dagli scriventi in italiano. Per identificare tra questo enorme numero quelle condivise dalla maggior parte dei parlanti dotati di licenza media occorrono calcoli complessi, che tengano conto, oltre che della frequenza assoluta, cioè del numero di volte che una parola compare in un corpus rappresentativo, anche della dispersione in diversi tipi di testi: è infatti più probabile che a parità di frequenza assoluta una parola sia meglio conosciuta tanto più viene usata in tipi di testi diversi (es. romanzi, giornali, testi scolastici, dialoghi, discorsi, copioni). Nel VdB sono indicate circa 2750 parole di Alto Uso, le quali si è calcolato corrispondono all’incirca al 4% delle parole individuabili nei testi. Le parole di Alto Uso (alcuni esempi: accarezzare, aeroporto, anziano, cenare, cucinare, denso, grasso, liquido) sono quindi meno frequenti rispetto a quelle del Lessico Fondamentale, ma di uso enormemente maggiore rispetto alla ingente massa del lessico che forma una lingua.
Le indagini condotte sulla effettiva competenza degli studenti alla fine della terza media ha fatto emergere che le analisi statistiche, per quanto raffinate, non riescono però a individuare quelle parole che De Mauro ha chiamato di Alta disponibilità, e che costituiscono il terzo gruppo dell’insieme delle parole del VdB. Si tratta di parole familiari almeno tanto, se non di più, delle parole di Alto Uso, ma che pur se non pronunciamo né scriviamo così frequentemente sono considerate essenziali, in quanto fanno parte della nostra quotidianità e sono presenti e altamente disponibili alla nostra memoria (si pensi a ago, alfabeto, bambola, biscotto, cappotto, coniglio, forchetta, pigiama, pomata). Si tratta evidentemente di parole conosciute dalla maggior parte delle persone che parlano italiano o che dovrebbero comunque essere apprese una volta finita la terza media.
Il VdB è stato pubblicato la prima volta come appendice della prima edizione del volume di Tullio De Mauro Guida all’uso delle parole, Editori Riuniti, Roma 1980. Si presenta come un elenco di parole in ordine alfabetico distinte graficamente in neretti (i vocaboli fondamentali), tondi chiari (alto uso) e corsivi chiari (alta disponibilità):
Nelle edizioni che si sono succedute per circa venti anni con gli Editori Riuniti, per poi passare all’editore Laterza, l’elenco di parole ha subito aggiunte ed espunzioni marginali; a partire dal 1991, il VdB è stato integrato da indicazioni sulla categoria grammaticale secondo le norme elaborate per la redazione di un’altra importante opera lessicografica ideata e diretta da De Mauro: il Gradit (Grande dizionario italiano dell’uso, 2ª edizione, 8 volumi, Utet, Torino 2007).
Il VdB è stato utilizzato in altre opere lessicografiche dirette da De Mauro sia nella parte iniziale delle definizioni del significato dei lemmi, in modo che l’incipit delle definizioni sia più comprensibile a un largo insieme di lettori, sia per distinguere i lemmi appartenenti alle diverse fasce del VdB da quelli appartenenti ad altri settori del lessico (es. parole appartenenti a terminologie tecniche o specialistiche, parole letterarie, dialettali, ecc.). Quest’importante innovazione nella strutturazione del vocabolario è stata poi accolta dalla gran parte dei vocabolari dell’italiano.
Diverse case editrici hanno impiegato il VdB per orientare la redazione e migliorare la comprensibilità di testi per la scuola primaria, per la redazione di dizionari bilingui e di testi sull’insegnamento dell’italiano come lingua straniera.
Gli Editori Riuniti hanno pubblicato negli anni Ottanta un’intera collana i cui testi hanno come riferimento il VdB: i Libri di base, che conta circa 150 volumi di vario argomento (dalla fisica, alla musica, alla filosofia, alla salute) scritti da molti autori prestigiosi (tra cui Carlo Bernardini e Giovanni Berlinguer). La finalità dei Libri di base era quella di rendere accessibile un testo senza rinunciare all’articolazione e all’approfondimento dei contenuti, così come all’appropriatezza terminologica.
Il quanto mai necessario tentativo di rendere più comprensibili i testi del linguaggio istituzionale e amministrativo ha portato nel 1994, su iniziativa dell’allora ministro della funzione pubblica Sabino Cassese, alla redazione di un codice di stile delle comunicazioni scritte dell’amministrazione pubblica, che fa diretto riferimento al VdB.
Programmaticamente connessa al VdB è stata la pubblicazione presso l’Università di Roma “La Sapienza” del mensile di facile lettura Due parole, rivolto a persone con difficoltà linguistico-culturali o intellettive.
Oltre che in lessicografia, nella divulgazione scientifica, nella redazione di testi legislativi, nella linguistica educativa e nella scuola, l’impatto del VdB è stato importante anche nella ricerca linguistica. Il VdB ha offerto materiale documentario per analisi e spunti di riflessione teorica in primo luogo sulla composizione e sulla stratificazione del lessico dell’italiano, ma anche sulle sue caratteristiche ortografiche, fonetiche e morfologiche. Dai dati ricavabili da Thornton, Iacobini, Burani, BDVDB Una base di dati sul Vocabolario di Base della lingua italiana, 2ª edizione, Bulzoni, Roma 1997, si può osservare che circa due terzi delle parole del VdB erano già in uso all’epoca di Dante, Petrarca e Boccaccio. Più della metà risalgono al latino, mentre circa un terzo sono di formazione italiana. Importante è anche l’apporto delle altre varietà romanze (in primo luogo del francese, ma anche dei dialetti parlati in Italia), sono inoltre presenti vocaboli provenienti anche da lingue extra-europee, quali il turco (divano, tulipano), il cinese (tè); quelli provenienti da lingue parlate nel continente americano sono perlopiù arrivati per il tramite di una lingua romanza: cacao e patata dallo spagnolo, ananas e banana dal portoghese.
Nonostante i lemmi del VdB presentino una forte stabilità nel tempo, De Mauro ha ritenuto necessario avviare l’opera di revisione del VdB, rendendo pubblico nel dicembre del 2016, poco prima della sua scomparsa, il Nuovo vocabolario di base:
I motivi di questa nuova impresa dipendono principalmente dalle mutate condizioni sociolinguistiche dell’italiano (aumento della scolarità, prevalenza dell’italiano parlato sui dialetti locali, nuove forme di comunicazione scritta tramite strumenti informatici) rispetto al periodo in cui sono stati raccolti i testi da cui è ricavato il VdB, ma anche dalla aumentata disponibilità di corpora elettronici e di tecnologie di analisi automatica dei testi. Il nuovo VdB è ricavato dall’elaborazione di quasi 19 milioni di occorrenze di testi molto vicini nel tempo, mentre i testi da cui è tratto il vecchio VdB risalgono agli anni Sessanta (o sono in alcuni casi addirittura precedenti) e non superano le 500.000 occorrenze.
L’aspettativa di De Mauro era che i profondi cambiamenti della società italiana rispetto agli anni Settanta avessero prodotto conseguenze sui vocaboli di maggior uso e di maggiore disponibilità. In effetti, le principali differenze fra nuovo e vecchio VdB riguardano l’esclusione e l’inserimento di lemmi che riflettono le mutate condizioni della vita sociale e civile degli italiani in questi ultimi quaranta anni. Scompaiono parole della vita agricola e rurale (incudine, mandria, vendemmia), della vita all’aria aperta (fioritura, vallata, veduta) e anche della vita religiosa (parrocchia, penitenza). Nel nuovo VdB sono numerosi gli avverbi in –mente (certamente, continuamente, normalmente, probabilmente) che non erano lemmatizzati nel vecchio VdB, si nota un aumento di parole suffissate (depuratore, imprenditore, venditore), di composti (biografia, elettrodomestico, telegiornale, videogioco) e di parole ricavate per accorciamento (auto, bici, foto, meteo, porno), aumentano anche le parole volgari usate come insulti (coglione, stronzo).
Oltre che nella versione on-line liberamente accessibile dal sito della rivista Internazionale, il nuovo VdB si può consultare in versione cartacea in appendice al volume Guida all’uso delle parole edito nella primavera del 2020 nella collana Le parole dell’italiano diretta da Giuseppe Antonelli per RCS-Corriere della sera.
2 Commenti
Giorgio Testa 28 Ottobre, 2020
Recentemente al Parlamento europeo ho dovuto tradurre un documento in una versione “di facile lettura” e ho pensato di rifarmi alla versione del Vocabolario di base del 2016. Mi ha sorpreso però non trovare né “disabile/disabilità” né “discriminare/discriminazione”, che intuitivamente avrei creduto essere almeno di alta disponibilità o comunque più comune di altri lemmi presenti nel Vocabolario di base come convulsione, consorzio, dolere, madrileno, praghese, reggimento, vagire… Probabilmente basta un minimo sbilanciamento nei testi del corpus perché vari molto anche la frequenza relativa.
Claudio Iacobini 28 Ottobre, 2020
Grazie della segnalazione
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