Maria Garraffa
Heriot-Watt University & Language across the lifespan lab
Il linguaggio manifesta la sua complessità anche nelle molteplici forme del suo malfunzionamento. Le varie tipologie di disturbi del linguaggio (afasie, dislessie, disturbi dello sviluppo) sono l’evidenza della sua ricca architettura cognitiva e della necessità di ipotizzare componenti e processi distinti che chiameremo in questa breve introduzione inventari (gli elementi che compongono il linguaggio) e computazioni (le operazioni che il cervello compie per realizzare tali inventari).
Un’evidenza empirica del fatto che il linguaggio si realizza nel cervello secondo architetture precise deriva dal fatto che lesioni focali di parti dell’emisfero sinistro provocano disordini linguistici selettivi. Le lesioni localizzate rivelano dissociazioni del sistema cognitivo, e in certi casi isolano la componente linguistica in maniera estremamente raffinata.
Questo è evidente nei disturbi acquisiti del linguaggio, le afasie, generalmente causate da lesioni cerebrali (danni vascolari, traumi o tumori), che colpiscono aree per la maggior parte dei casi appartenenti alla corteccia cerebrale.
Le alterazioni del linguaggio nei soggetti afasici non si manifestano con una riduzione complessiva e uniforme delle capacità linguistiche, ma l’analisi del parlato dei soggetti mostra delle regolarità che fanno pensare che alla base del deficit ci siano dei processi selettivi.
La ricerca svolta sui soggetti afasici permette di formulare ipotesi su come definire il sistema di inventari e di computazioni del linguaggio:
- Se alcuni elementi del linguaggio sono compromessi e altri no, cosa potrebbe dirci questo dato su come sia organizzato il linguaggio?
- Quali categorie lessicali (nomi, verbi) e grammaticali (frasi relative, passive) creano maggiore difficoltà nel soggetto afasico?
Le sindromi afasiche sono considerate il luogo di incontro tra fatti e teorie sul linguaggio, un tavolo di lavoro comune in cui è necessario avvicinare prospettive teoriche che nascono da discipline apparentemente molto lontane come la neuropsicologia, la neurologia e la linguistica. Questi campi sono a loro volta specificati in base al dato selettivo ricavato dall’analisi di un caso (o di un gruppo di soggetti) e dalle tecniche sperimentali utilizzate.
I criteri utilizzati per classificare le sindromi afasiche si basano su criteri molto elementari di tipo clinico e linguistico. Ad esempio, si parla di disturbi di produzione o di comprensione, afasie fluenti e non fluenti, anteriori e posteriori. È molto difficile delineare una chiara relazione tra il deficit che si osserva, l’area cerebrale interessata e l’organizzazione funzionale del linguaggio, nonostante sia più di un secolo che si studiano soggetti con lesioni nelle aree cerebrali.
Prima di tutto è necessario distinguere l’afasia dalle altre forme di disturbo del linguaggio. L’afasia è un disturbo nell’organizzazione del sistema cognitivo interno e non un problema di natura periferica; non si tratta di alterazioni dell’articolazione delle parole e della vocalizzazione, come ad esempio sono rispettivamente la disartria o la disfonia. Questi spesso sono sintomi che si affiancano al disturbo cognitivo, e che a volte sono raccolti in dei cluster tipici che compongono le singole sindromi afasiche.
I modelli della neurologia clinica, cioè le classiche distinzioni tra afasia di Broca e di Wernicke, sono inadeguati. Le ragioni sono prima di tutto empiriche e nascono dall’osservazione dei soggetti, e poi metodologiche a causa di un approccio non univoco e non integrato con la linguistica teorica.
Dal punto di vista sperimentale un caso emblematico è la definizione di afasia di Broca. L’afasia di Broca è una sindrome che si manifesta in un insieme di deficit distinti: difficoltà articolatoria, produzione con uno stile ‘telegrafico’, eloquio non fluente, disturbi nella comprensione di specifiche strutture grammaticali. La localizzazione di un insieme di sintomi così complesso in un’area del cervello è stata smentita più volte in letteratura osservando casi di soggetti che non mostrano questi sintomi ma che hanno una lesione in quelle aree e casi di soggetti senza lesione cerebrale che riportano gli stessi sintomi.
Spesso la causa della semplificazione del linguaggio afasico nasce anche dal disaccordo su cosa si cerca di definire nel paziente.
Il linguaggio non è solo un sistema di input/output, ma è dotato di un complesso sistema di processi e regole astratte che governano il modo con cui combinare suoni e significati in parole e in frasi. Da ipotesi che sostenevano che l’afasia di Broca fosse un problema di tipo articolatorio, grazie al contributo della linguistica si è passati ad ipotesi che localizzano in questa area specifiche abilità sintattiche di un soggetto.
Dal punto di visto linguistico, il fattore fondamentale che ha spinto i linguisti ad interessarsi dei disturbi del linguaggio è stata la rilevanza della concezione modulare che emerge dall’osservazione delle sindromi afasiche. Generalmente i soggetti afasici non presentano danni ad altre abilità cognitive. Il loro sembra essere un danno prevalente della facoltà di linguaggio. La presenza di tale disordine accredita l’idea che ad un certo livello di analisi il linguaggio sia un sistema indipendente, governato da regole proprie, da un suo insieme di elementi e da sue computazioni.
Secondo Grodzinsky (1990) le teorie linguistiche sul linguaggio devono essere utilizzate come procedure di scoperta di deficit, e i deficit come motivi delle restrizioni delle strutture interne alle teorie e indizi dei meccanismi delle capacità cognitive normali.
Un importante risultato dell’applicazione della teoria linguistica allo studio dei deficit afasici è stato la riformulazione del concetto classico di afasia di Broca. La costruzione di esperimenti idonei ad indagare la competenza sintattica dei parlanti ha evidenziato un disturbo nel sistema di comprensione anche negli afasici di Broca (Caramazza & Zurif 1976). Questi esperimenti hanno modificato il modo di concepire il danno cognitivo linguistico e sono nate ipotesi che considerano l’esistenza di regioni cerebrali dedicate alle operazioni che generano inventari sintattici. Da una concezione basata su modelli del linguaggio basati ad esempio sulle modalità (produzione e comprensione) si è passati ad una proliferazione di ipotesi tecniche sulla natura sintattica o semantica del deficit.
Negli ultimi vent’anni gli strumenti della teoria linguistica sono stati sempre più utilizzati nell’indagine della natura del deficit afasico e la ricerca si è spostata verso ipotesi di analisi più astratte: il linguaggio non è considerato solo un set di attività cui fare corrispondere centri cerebrali (per ogni attività una localizzazione specifica: produzione, comprensione, lettura, scrittura) ma come insieme di computazioni su inventari (disturbo del movimento sintattico, carenza di tratti grammaticali, disturbo di rappresentazione del tempo verbale). Questo è ad esempio il caso di un soggetto afasico con profilo anomico (carenza di lessico ma apparentemente non di grammatica) che, indagato con strumenti linguistici più raffinati, ha mostrato un chiaro disturbo nella comprensione di frasi grammaticalmente complesse (Martini, Belletti, Centorrino & Garraffa 2020).
La necessità di un approccio astratto al linguaggio nasce anche dal bisogno di rendere conto delle sottili diversificazioni che emergono da dati sperimentali, in cui soggetti afasici mostrano disturbi selettivi di specifici inventari e/o computazioni linguistiche.
Una visione più completa del deficit linguistico si inquadra in una metodologia che descriva sia l’aspetto grammaticale sia il canale danneggiato.
Nel caso di un’analisi linguistica del linguaggio di un soggetto con ‘deficit grammaticale’ lo scopo è quello di isolare dei pattern tipici dal suo linguaggio, per avanzare inferenze di tipo strutturale sulla natura del disturbo. Il naturale proseguimento di questo tipo di inferenze sarebbe quello di indagare le supposizioni teoriche in un modello neuro-cognitivo che integri aspetti della rappresentazione e aspetti delle computazioni.
Un giorno non lontano potremo sentire una diagnosi clinica di fragilità nel movimento sintattico, o di disturbo nella computazione della referenza pronominale. Certamente un avanzamento in tal senso avrebbe implicazioni importanti per la riabilitazione dei soggetti con afasia.
Per approfondire
Caramazza, Alfonso & Edgar Zurif. 1976. Dissociation of algorithmic and heuristic processes in language comprehension: Evidence from aphasia. Brain and Language 3(4). 572-582.
Grodzinsky, Yosef. 1990. Issues in the biology of language and cognition. Theoretical perspectives on language deficits. Cambridge (MA): The MIT Press.
Martini, Karen, Adriana Belletti, Santi Centorrino & Maria Garraffa. 2020. Syntactic complexity in the presence of an intervener: The case of an Italian speaker with anomia. Aphasiology 34(8). 1016-1042.
Tettamanti, Marco. 2021. Il cervello sintattico. Roma: Carocci.
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