Martina Bellinzona
Università per Stranieri di Siena
Avvertenza alla lettrice/al lettore: leggere questo articolo potrebbe cambiare per sempre l’esperienza di camminare per le vie della città. L’osservazione e lo studio del linguistic landscape può creare dipendenza, ma fa bene alla salute e allo studio delle lingue.
È opportuno specificare fin da subito quali rischi si corrono scoprendo che cos’è il linguistic landscape (LL) perché anche la più innocente gita fuoriporta, una volta che si inizia a guardare con occhio critico ciò che ci circonda, può facilmente diventare una ricerca etno- e sociolinguistica, e un giro di shopping in centro non sarà mai più lo stesso. Perché?
Perché il LL, in italiano ‘panorama’ o ‘paesaggio linguistico’, è onnipresente: sono tutti i segni che ‘vediamo’ negli spazi pubblici, dalle insegne dei negozi ai volantini pubblicitari, dai murales ai cartelli stradali, dai graffiti agli striscioni di protesta. Non esiste un’unica definizione di LL, ma in termini generali potremmo dire che si tratta di tutte le occorrenze di lingue e di linguaggi, intesi nel senso più ampio, dunque includendo anche gli aspetti semiotici come simboli, icone, font e materiali, che connotano la comunicazione scritta pubblica, per lo più nello spazio urbano. Il LL è sia il panorama in sé, sia l’approccio, la branca della sociolinguistica e della semiotica che si occupa di studiarlo.
Da ormai oltre vent’anni, linguisti di tutto il mondo si sono appassionati allo studio del LL. Le motivazioni alla base di ciò sono numerose: guardare quali lingue trovano spazio nel panorama linguistico permette di ottenere un’istantanea della realtà multilingue e sociolinguistica che caratterizza una determinata città. Allo stesso tempo, aiuta ad avere una panoramica delle politiche linguistiche (sia dall’alto, sia intese come pratiche) in atto; consente di studiare gli esiti del contatto linguistico (e culturale) e di avere un’idea di quali gruppi o comunità etnolinguistiche vivono o frequentano una zona, di come interagiscano tra loro e di come scelgono di rappresentarsi. Oltre ad avere funzione informativa, o indicale, però, il LL contribuisce anche alla costruzione simbolica dello spazio pubblico. In questo senso, è segnale distintivo di identità, di dinamismo sociolinguistico, di ideologie (linguistiche, ma non solo) e atteggiamenti profondi, spesso nascosti o addirittura inconsapevoli. Studiare le tracce linguistiche presenti nel panorama linguistico dà, dunque, la possibilità di ottenere un’indicazione dello status relativo delle lingue all’interno della società, delle relazioni di potere e degli ideali culturali prevalenti.
In questo senso, provate a riflettere solo per un attimo sul panorama linguistico con il quale interagite quotidianamente e a pensare a quali lingue sono presenti e come vengono utilizzate. Ad esempio, ci sono tracce di inglese? Viene impiegato come facilitazione linguistica per turisti o per i valori che è in grado di trasmettere in quanto lingua e perciò potente dispositivo semiotico? Quali forme assume? Viene utilizzato da solo o assieme ad altre lingue in traduzione? E che dire dei dialetti: avete mai fatto caso a come, negli ultimi anni, si stia assistendo a una (ri)comparsa di queste lingue nella segnaletica, sia in relazione ai cartelli recanti indicazione toponomastica in alcune zone, sia nelle insegne di pub e ristoranti alla moda? Perché? O ancora, quali lingue immigrate troviamo sui segni e come mai solo alcune di queste ottengono visibilità? Ad esempio, perché vediamo spesso ideogrammi cinesi e non testi in rumeno?
Tutte queste (e moltissime altre) domande sono la ragione dell’avvertimento iniziale: prestando attenzione e interrogandosi sulle scelte linguistiche compiute da individui e autorità abbiamo la possibilità di comprendere meglio la realtà che ci circonda. I medesimi interrogativi, però, possono essere posti anche a studentesse e studenti, in modo da stimolare in loro curiosità e il loro spirito critico, supportando così un’educazione alla cittadinanza, nonché un’educazione plurilingue e interculturale. Proprio il legame tra panorama linguistico e educazione è stato, negli ultimi anni, oggetto di studio da parte di numerosi ricercatori, interessati a esplorare le potenzialità dell’impiego del LL nella pratica didattica.
Imparare le lingue passeggiando
L’osservazione dei segni collocati nelle vie delle città ha, infatti, il potenziale di interessare e motivare docenti e apprendenti, in quanto il LL può essere impiegato come risorsa pedagogica per l’apprendimento delle lingue e per lo sviluppo di consapevolezza linguistica (anche critica).
I vantaggi che possono derivare dall’impiego di materiali autentici provenienti dal LL nella didattica sono innumerevoli. Il panorama linguistico, infatti, può essere considerato come uno stimolo, un input per lo studio di una lingua, in quanto è contesto di esposizione e dunque fonte di apprendimento informale e incidentale. Studiare una lingua attingendo al materiale autentico presente nel LL non solo fornisce una spinta alla motivazione, ma va anche nella direzione di un apprendimento permanente.
Tramite attività che coinvolgono i segni del panorama linguistico è possibile sviluppare competenza pragmatica e multimodale, si può riflettere sulle forme linguistiche, sul lessico, sulle espressioni idiomatiche e sulle caratteristiche grammaticali di una lingua, così come sulle sue funzioni sociali.
Ancor più, l’osservazione del LL può divenire strumento pedagogico estremamente potente per indagare ideologie, questioni d’identità, per esplorare la diversità linguistica e culturale del luogo in cui gli studenti vivono. Un apprendimento contestualizzato può far accrescere in loro consapevolezza linguistica, sia da una prospettiva metalinguistica sia soprattutto critica, che metta in discussione relazioni di potere date per scontate nella società. Insegnare a bambini e ragazzi ad apprezzare e considerare in maniera critica la diversità linguistica li spinge a riconoscere la natura non neutrale della comunicazione scritta e, dunque, a capire come potere, ideologie e diseguaglianza siano rappresentate nella società attraverso i testi e le scelte linguistiche fatte dagli attori del LL.
Ma come incorporare il LL nella pratica didattica? Nel corso degli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi, sia teorici, sia sperimentali, attraverso i quali è possibile non solo conoscere i benefici che può comportare l’impiego di questo strumento nelle classi di lingua, ma anche avere un’idea delle attività che è possibile portare avanti a scuola. Se si vuole lavorare sullo sviluppo della competenza pragmatica, ad esempio, si possono presentare a studenti e studentesse segni come quelli proposti da Emilia Calaresu qui o segni contenenti giochi linguistici, metafore e usi indiretti delle lingue. È possibile riflettere, così, sulle funzioni dei testi che ci circondano ogni giorno, testi che molto spesso sono fortemente marcati a livello socioculturale e il cui studio permette di accrescere la consapevolezza della diversa realizzazione degli atti comunicativi sulla base del loro scopo. Oppure, se si vuole sviluppare consapevolezza metalinguistica si possono proporre segni bilingui e lavorare sulle caratteristiche comuni e divergenti delle lingue da un punto di vista morfologico, morfosintattico o lessicale.
Oltre a essere i docenti a portare in classe i materiali del LL, però, si possono pensare attività in cui siano gli apprendenti stessi a diventare detective linguistici. Malinowski, nel 2015, attingendo al paradigma di Lefebvre sull’articolazione dello spazio (percepito, concepito e vissuto), identifica alcune regole pratiche e applicazioni del LL alla pedagogia linguistica. Nello spazio percepito è necessario pensare ad attività che orientino gli studenti verso i significati che è possibile leggere, vedere e ascoltare nel LL: si possono, così, organizzare osservazioni partecipate o documentazioni del LL per mezzo di fotografie e successive analisi di fenomeni di interesse. Le attività da portare avanti nello spazio concepito, invece, dovrebbero orientare gli studenti verso una comprensione top-down degli spazi, i quali vengono qui intesi come progettati, promulgati dalla legge e applicati. Si possono, perciò, proporre approfondimenti sui dati demografici e sociolinguistici dell’area di interesse, o leggere documenti e dichiarazioni di politici. Infine, lo spazio vissuto si riferisce alla dimensione esperienziale del LL, come viene immaginato, sentito e vissuto dagli abitanti. Per esplorare questo spazio si possono condurre interviste con i proprietari dei negozi o con i residenti, far tenere agli studenti diari in cui raccontano la propria esperienza con il LL, o portare avanti progetti artistici. L’idea è quella di portare il mondo a scuola, affrontare temi e problemi della realtà esterna, con un flusso continuo tra classe e mondo esterno.
Se il mondo esterno e gli ambienti urbani sono senz’altro densi di segni da leggere e decifrare, non sono tuttavia gli unici contesti d’analisi del LL o gli unici in grado di stimolare riflessioni sulla diversità linguistica da parte di alunni e studenti. Le scuole stesse, infatti, sono oggi più che mai connotate da una pluralità di repertori linguistico-culturali, nonché da densi e potenti aggregati semiotici di segni. Perché, quindi, non esplorare, modificare e utilizzare nella didattica anche il LL degli edifici scolastici?
Esporre il plurilinguismo a scuola
Si parla in questo senso di schoolscape, intendendo con ciò l’insieme degli oggetti linguistici e semiotici che contribuiscono all’organizzazione visiva degli spazi scolastici. Lo schoolscape presenta caratteristiche al tempo stesso comuni e divergenti rispetto al LL urbano. È formato anch’esso da segni eterogenei: cartelloni fatti a mano e poster stampati curati nei dettagli, adesivi, targhe, trofei, cartelli e segnali di direzione e di sicurezza, fogli e graffiti, incisioni e plastici (solo per fare qualche esempio) affollano aule e corridoi scolastici. Attori diversi, dagli insegnanti agli studenti, dai dirigenti al personale ATA, collaborano nella creazione e modifica di questi artefatti, e dunque di questi luoghi. Ognuno è mosso da motivazioni differenti, ognuno ha propri repertori linguistici e ideologie, ognuno ha un proprio ruolo ma anche un proprio scopo e presenta atteggiamenti, anche linguistici, difformi.
Lo schoolscape presenta tanto funzione informativa, quanto simbolica, e viene impiegato con ruoli diversi. Tra questi, vi è il ruolo educativo: lo schoolscape può essere visto come un terzo insegnante, un supporto per l’apprendimento dei contenuti didattici ma anche un veicolo per la diffusione di valori. Vi è il ruolo gestionale o regolativo, nel senso che aiuta le persone a orientarsi negli edifici e viene usato come mezzo efficace e immediato per trasmettere informazioni di carattere generale. Lo schoolscape è anche uno spazio pubblicitario, dove segni di carattere promozionale (non sempre e non solo legati all’ambito scolastico) trovano posto. Ha, oltretutto, un ruolo decorativo, che lo rende fondamentale nel far percepire la scuola come un luogo accogliente, come casa. Tutti questi ruoli concorrono a rendere lo schoolscape la manifestazione più tangibile dell’identità stessa delle scuole, quella reale o quella che si vuole proporre come tale. Gli studi sono concordi nell’affermare che scuole con un orientamento plurilingue, in cui la diversità linguistica e culturale degli studenti viene valorizzata, sono anche quelle con schoolscape più connotati in senso multilingue. Inoltre, è stato osservato come studenti che si trovano ad interagire con schoolscape ricchi e diversificati abbiano non solo una maggiore consapevolezza del potenziale semiotico e educativo di questo spazio, ma anche atteggiamenti più positivi verso la diversità linguistica, in termini generali e di visibilità. Tutto ciò giunge a conferma dell’idea di un valore aggiunto dello schoolscape (e del LL), della capacità dei segni visibili negli spazi pubblici e semi-pubblici di influenzare ideologie e attitudini.
Lo schoolscape riflette e riproduce ideologie linguistiche (come lo spazio urbano, del resto), e capendo quali lingue vi trovano spazio, su che tipologie di segni, chi le utilizza e perché, abbiamo la preziosa opportunità di capire ad esempio in che direzione stia andando la scuola, o scuole diverse, quali valori vengano ritenuti importanti o quale sia il ruolo dell’intercultura. Con questi dati è possibile, poi, intervenire, proponendo modelli e direttive in termini di politica linguistica davvero informate e che possano portare ad un vero cambiamento in un’ottica di educazione (linguistica) democratica.
Naturalmente ci sarebbe ancora tanto (tantissimo) da dire di questo affascinante campo di ricerca. Per il momento, però, l’invito è: guardatevi attorno e (ri)scoprite la ricchezza di quei musei gratuiti che sono i panorami linguistici, urbani e scolastici.
Per approfondire
Bellinzona, Martina. 2021. Linguistic Landscape. Panorami urbani e scolastici nel XXI secolo. Milano, Franco Angeli.
Krompák, Edina & Victor Fernández & Stephan Meyer. 2022. Linguistic Landscape and Educational Spaces (a cura di). Clevedon: Multilingual Matters.
Malinowski, David. 2015. Opening spaces of learning in the linguistic landscape. In Linguistic Landscape, 1(1). 95-113.
Malinowski, David & Hiram H. Maxin & Sèbastian Dubreil. 2020. Language teaching in the linguistic landscape: Mobilizing pedagogy in public space. Cham: Springer.
Niedt, Greg & Corinne A. Seals. 2021. Linguistic Landscapes Beyond the Language Classroom. London: Bloomsbury.
2 Commenti
Hamrouni 22 Marzo, 2024
Buongiorno Sono dottoranda algerina e sto lavorando sulle insegne commerciali/esercizio potete aiutarmi
Martina 20 Aprile, 2024
Buongiorno! Certamente possiamo aiutarla, è sempre bello collaborare e scambiarsi opinioni su temi linguistici. La contatto anche in privato per sapere in che modo supportarla nella sua ricerca. Martina
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