Marianna M. Bolognesi
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
In un monologo andato in onda su Radio DJ pochi giorni fa, Francesco Lancia, con il Trio Medusa, ha spiegato il governo tecnico di Mario Draghi usando una metafora, di cui sotto riportiamo alcuni passaggi.
C’è una casa. Questa casa ha un bagno […]. Nel bagno c’è un tubo che perde. Sono mesi che perde. […] Bisogna urgentemente sistemarlo. In questa casa ci sono 6 inquilini. […] Ce n’è uno che dà la colpa agli inquilini del piano di sopra, che sono immigrati. […] Ce n’è uno che cerca di intuire cosa fanno gli altri per poi aggregarsi. L’ultimo non ha idea di come sia fatto un tubo […]. Cominciano tutti a litigare, e intanto il tubo continua a perdere. […]. Il proprietario che abita coi ragazzi […] chiama un cazzo di idraulico. […] Si chiama Mario. Mario arriva, guarda il muro e dice “Mammamia, ma questo è un lavoro da quattro, cinque, sei, settecento euro”. […] E l’idraulico si mette al lavoro. […] A lavoro finito, il tubo non perde più.
Metafore vivide, creative ed articolate come questa non sono molto frequenti nel linguaggio quotidiano. La stragrande maggioranza di metafore usate nel linguaggio quotidiano sono infatti molto meno vivide. Ad esempio, Repubblica ha riassunto con queste parole la fiducia accordata a Draghi dalla Presidente BCE: “Fiducia in Draghi, farà ripartire l’economia italiana”. In questa frase, il verbo ripartire è usato metaforicamente. Un’economia non può letteralmente ripartire, perché non è capace di muoversi. Tuttavia, questa metafora è così convenzionalizzata da non essere nemmeno più percepita come metafora.
Allo stesso modo, la preposizione in è usata metaforicamente nella prima parte del titolo: “Fiducia in Draghi”. Questa preposizione letteralmente si usa per descrivere relazioni spaziali di contenimento tra entità concrete. Metaforicamente, però, possiamo usarla per descrivere relazioni che coinvolgono entità che non possono letteralmente contenere o essere contenute perché sono intangibili, astratte. Possiamo andare in bancarotta, in paranoia, in depressione; possiamo essere in difficoltà o in ansia, lavorare in armonia, possiamo finire un compito in un’ora, in un attimo, in ritardo. E possiamo avere fiducia in qualcuno. Tutti questi usi della preposizione in sono metaforici, perché non si riferiscono al significato concreto, spaziale, che questa preposizione originariamente ha, di contenimento fisico di un’entità all’interno di un’altra.
Che differenza c’è, dunque, tra le metafore convenzionalizzate, che fanno parte dell’uso quotidiano della lingua, e le metafore vive, creative e nuove, come quella del tubo che perde e del governo Draghi che interviene per risolvere il problema come un idraulico interviene per aggiustare una perdita?
Senza dubbio a livello di espressione linguistica il lettore potrebbe notare che nel primo caso non c’è un paragone esplicito tra un’entità ed un’altra (il ripartire dell’economia non è accostato ad altri significati), mentre nel secondo Francesco Lancia spiega proprio che un’entità (il Presidente del Consiglio) è un’altra entità (un idraulico). Il primo tipo di metafora viene comunemente chiamato ‘metafora indiretta’, mentre il secondo ‘metafora diretta’.
Nella lingua d’uso, la stragrande maggioranza delle metafore è espressa in modo indiretto, e sono altamente convenzionalizzate. Cioè, la maggior parte delle metafore che troviamo nel linguaggio quotidiano non è espressa attraverso paragoni espliciti del tipo Roberto è un bulldozer, o quel chirurgo è un macellaio, ma sono espresse da singole parole che, in un determinato contesto, acquisiscono un significato diverso da quello più letterale, antico e semplice che può essere a loro attribuito consultando ad esempio un dizionario. Nell’esempio della preposizione in, il significato letterale, concreto, è quello che specifica una relazione spaziale di contenimento tra due entità. Per estensione metaforica in viene usato per descrivere una relazione di contenimento meno concreto, come il riporre fiducia in una persona.
Quando leggiamo o ascoltiamo frasi e testi che contengono metafore altamente convenzionalizzate tipicamente non notiamo alcuna anomalia, e lo sforzo cognitivo necessario per comprendere queste espressioni è equivalente a quello impiegato a comprendere espressioni letterali. In altre parole, il significato metaforico delle espressioni metaforiche convenzionali è lessicalizzato nelle parole stesse, al punto da essere compreso attraverso una semplice disambiguazione tra vari possibili significati di una parola polisemica.
Quando invece leggiamo o ascoltiamo espressioni metaforiche non convenzionali, e dunque nuove, creative, siano esse espresse in modo diretto o indiretto, dobbiamo impiegare più energie per comprendere il significato inteso da chi ha usato la metafora, perché prima dobbiamo pensare al significato letterale di tale espressione, e poi costruire il significato metaforico sulla base di quello letterale: per comprendere la metafora dell’idraulico dobbiamo immaginare la situazione descritta, ed attivare le nostre conoscenze relative a tale scenario, per poi mappare personaggi, azioni, proprietà e oggetti dallo scenario della casa col tubo che perde allo scenario politico della crisi di governo recentemente risolta con l’arrivo di Mario Draghi.
Potremmo dunque chiederci se le espressioni metaforiche altamente convenzionalizzate, che comprendiamo senza alcuno sforzo cognitivo aggiuntivo rispetto al linguaggio letterale, siano in qualche modo ancora efficaci come metafore, e siano cioè in grado di stimolare chi legge a cambiare la propria prospettiva su un determinato argomento ed adottare quella predicata dalla metafora.
La risposta a questa domanda è sì. Più che ‘morte’ (come talvolta vengono chiamate), le metafore convenzionalizzate sono ‘dormienti’, ma basta poco per rivitalizzarle e fare dunque in modo che esse vengano lette o ascoltate come metafore vive e creative, e cioè attraverso l’attivazione preliminare del significato letterale. Per esempio, per far sì che un uso metaforico del verbo ripartire venga compreso come una metafora viva, e cioè attraverso l’attivazione del significato letterale di tale verbo, si può enfatizzarlo a livello prosodico, usando ad esempio un tono di voce diverso, o accompagnarlo con un gesto esplicito che rappresenti un movimento, o aggiungere un avverbio come letteralmente (che, ironicamente, sottolinea poi spesso l’utilizzo imminente di una metafora!).
Le espressioni metaforiche convenzionali, inoltre, possono essere usate sistematicamente o ‘in blocco’, per inquadrare un discorso, fornendo una sorta di cornice concettuale (un frame, in inglese) per ciò che viene detto. In questi ultimi mesi, la pandemia che stiamo vivendo ha fatto sì che molte situazioni legate ad essa fossero discusse in termini letterali o metaforici. In particolare, quando parliamo di Covid possiamo inquadrare il discorso in termini di crisi sanitaria, usando espressioni letterali come diffusione del virus, monitoraggio dei casi positivi, creazione di vaccini eccetera. Allo stesso tempo, però, possiamo usare anche una cornice metaforica molto comune, che è quella della guerra. Questo frame ci permette di descrivere, ad esempio, il personale sanitario come soldati in trincea che combattono e la popolazione civile come assediata dal nemico invisibile.
Le espressioni metaforiche che usano il frame della guerra, tipicamente usate per parlare di Covid, sono particolarmente comuni in vari tipi di discorso, perchè si prestano ad essere utilizzate in varie circostanze comunicative in cui si osservi uno schieramento tra forze contrapposte, la presenza di un pericolo incombente e di emozioni negative come ansia, paura e frustrazione, legate alla necessità e all’urgenza di dover trovare una soluzione in tempi brevi alla situazione in corso. Le ‘metafore di guerra’ vengono comunemente usate quando parliamo di guerra contro il crimine e la delinquenza, quando parliamo di guerra alla droga, ma anche quando parliamo di malattie importanti, come ad esempio la guerra al cancro (la paziente ha combattuto fino all’ultimo) eccetera.
Anche se tali espressioni sono parte ormai integrante del linguaggio quotidiano e plausibilmente non hanno più la capacità di stimolare nella nostra mente immagini concrete e dettagliate di scenari bellici, l’utilizzo di metafore di guerra per parlare dell’epidemia è stato recentemente al centro di varie critiche da parte di linguisti e giornalisti che hanno proposto frame metaforici alternativi, ed espressioni metaforiche diverse, per descrivere la pandemia corrente.
Ad esempio, il filosofo Paolo Costa suggerisce che l’utilizzo di metafore di guerra per parlare di Covid implica che siano considerati come accettabili atteggiamenti di ostilità latente, diffidenza, vigilanza esasperata e un senso generalizzato di inadeguatezza verso la situazione corrente. Paolo Costa suggerisce dunque di sostituire l’immaginario di guerra e dei soldati che combattono il nemico invisibile con un linguaggio diverso, come ad esempio il linguaggio relativo alle operazioni svolte dai pompieri durante un incendio, dove il virus sarebbe il fuoco che dilaga.
Questo movimento di resistenza contro una metafora fin troppo popolare nelle nostre lingue, la metafora della guerra, caratterizza non solo la lingua italiana, ma anche altre lingue europee, in relazione al discorso sulla pandemia. Su Twitter questo movimento è stato guidato da un gruppo di colleghe linguiste spagnole e inglesi che, usando l’hashtag #ReframeCovid, hanno coinvolto linguisti di tutto il mondo a contribuire raccogliendo e proponendo attivamente nuovi modi per concettualizzare la situazione che stiamo vivendo, nella speranza che trovando una cornice concettuale più adeguata, efficace e pacifista, lo sforzo collettivo ci permetta di uscire (metaforicamente parlando) da questa situazione.
Per approfondire
Bowdle, Brian F. & Dedre Gentner. 2005. The career of metaphor. Psychological Review 112(1). 193-216.
Ervas, Francesca & Elisabetta Gola. 2016. Che cos’è una metafora. Roma: Carocci.
Steen, Gerard J. 2011. The contemporary theory of metaphor – now new and improved! Review of Cognitive Linguistics 9(1). 26-64.
Wicke, Philipp & Marianna M. Bolognesi. 2020. Framing COVID-19: How we conceptualize and discuss the pandemic on Twitter. PLoS ONE 15(9): e0240010.
Metaphor & Emotion: https://youtu.be/ttUEG6LafzI
Metaphor & Communication: https://youtu.be/wnwKZAOulLk
Metaphor & Creativity: https://youtu.be/iwZpkkZs3u4
Metaphor & Linguistic Diversity: https://youtu.be/iBp7l9FwR6
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