Benedetta Marziale
Sportello di informazione e consulenza sulla sordità – Istituto Statale per Sordi di Roma
Il 4 maggio scorso, l’onorevole Matteo Salvini – sorprendendo buona parte delle persone sorde e delle figure professionali che lavorano nel ‘mondo della sordità’ – ha comunicato attraverso i canali social che la Commissione Bilancio del Senato, nell’ambito dei lavori di conversione in legge del Decreto Sostegni (Ddl n. 2144), ha approvato un emendamento al testo del Decreto nel quale “la Repubblica riconosce, promuove e tutela la Lingua dei Segni Italiana (LIS) e la Lingua dei Segni Italiana tattile (LIST)”.
L’emendamento in questione interviene sul riconoscimento della figura dell’interprete LIS e LIST (i cui percorsi formativi saranno definiti da un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri), prevede che le “Pubbliche Amministrazioni promuovano progetti sperimentali per la diffusione dei servizi di interpretariato in LIS e LIST e di sottotitolazione” e, infine, stanzia un finanziamento annuo di 4 milioni di euro, poi limitato al solo 2021 per la stessa natura del Decreto che di fatto reca misure essenzialmente per l’anno in corso (emendamento n. 34.0.7, testo 3).
Sebbene il nostro Paese si trovi a un passo dal riconoscimento della LIS – dopo che negli ultimi quindici anni molte proposte normative su questo tema non sono riuscite a perfezionare il proprio iter – in questo momento nulla è stato ancora stabilito in modo definitivo.
Il provvedimento normativo nel suo complesso, infatti, compreso l’emendamento appena descritto, deve ancora incassare l’approvazione della Camera prevista per metà maggio.
Tuttavia, quanto ‘bolle in pentola’ ci offre lo spunto per sottolineare, ancora una volta, come il riconoscimento della LIS rappresenti una questione molto dibattuta e di stretta attualità, sulla quale la comunità sorda ha riversato comprensibili aspettative, anche in considerazione del fatto che l’Italia all’interno dell’Unione europea è l’unico Stato a non aver riconosciuto la propria lingua dei segni, dopo che anche l’Olanda, a settembre 2020, ha compiuto questo passo.
Mi affretto subito a chiarire che l’espressione ‘comunità sorda’ non è stata qui utilizzata distrattamente o, peggio, come forse alcuni ritengono, incautamente. Proseguendo con l’elenco degli avverbi, preciso infatti che le parole in questione, sono state impiegate del tutto consapevolmente. Vale la pena ricordare che non solo, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati condotti importanti studi internazionali e nazionali che hanno riconosciuto alle lingue dei segni in generale (LS), e alla LIS nello specifico, lo status di lingue storico naturali, ma, parallelamente, si è registrata una graduale evoluzione della stessa rappresentazione sociale della disabilità e della sordità.
Questo mutamento socioculturale ha modificato la prospettiva attraverso cui ‘dall’esterno’ la comunità di maggioranza udente guarda alle persone sorde e, ‘dall’interno’, una parte dei sordi considera la sordità come un elemento su cui costruire la propria identità, condividere tradizioni, esperienze e valori.
In questo contesto, indubbiamente il ricorso alla lingua dei segni è diventato anche uno strumento di rivendicazione di propri diritti e istanze, mentre si sono andate strutturando categorie come quelle di comunità sorda e cultura sorda.
È del tutto evidente che ogni lingua (vocale o segnica che sia) venga continuamente forgiata dalla comunità dei suoi utenti e questo è accaduto anche alla LIS, che ha registrato cambiamenti importanti d’uso e di rappresentazione con il mutare della percezione e degli atteggiamenti linguistici da parte dei sordi.
A ciò si aggiunge che solo di recente la LIS, utilizzata per secoli come ‘lingua privata’, ha cominciato ad essere usata in contesti formali guadagnando faticosamente una ‘dimensione pubblica’ e una visibilità sui media.
Per citare gli esempi più conosciuti, si pensi alle ‘edizioni flash’ in lingua dei segni di alcuni telegiornali, al messaggio tradizionale di fine anno del Presidente della Repubblica, all’iniziativa di Rai Accessibilità che, in occasione del 70º Festival di Sanremo ha reso fruibile la kermesse canora anche ai sordi.
Questa dimensione pubblica, che si è consolidata sui social e in generale sul web, dove le persone sorde che ricorrono alla lingua dei segni dimostrano di essere molto attive (si pensi agli spazi virtuali divenuti luogo di incontro, condivisione e informazione per migliaia di persone sorde come Vlog 33 e LIS 360º), ha raggiunto la massima evidenza con la pandemia e il primo lockdown.
Indubbiamente, infatti, quando dal 25 febbraio 2020 la presenza dell’interprete LIS alle conferenze stampa della Protezione Civile è divenuta una costante e, conseguentemente, milioni di italiani confinati nelle proprie abitazioni – anche quelli che non si erano mai accorti dell’esistenza di questa lingua – per forza di cose ne hanno registrato l’esistenza, è stato toccato con mano il valore fondamentale della garanzia di una piena ed effettiva accessibilità all’informazione da parte di tutti i cittadini. Non uno di meno!
Non può essere tralasciato, poi, che uno dei trattati internazionali più significativi degli ultimi tempi – la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (CRPD), adottata dalle Nazioni Unite nel 2006 e ratificata dall’Italia con legge n. 18/2009 – pone fra i suoi principi fondamentali “il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa” (articolo 3, comma 1, lettera d).
Sempre la CRPD, inoltre, se da un lato include i sordi fra le persone con disabilità in ragione del loro deficit sensoriale (articolo 1, comma 2), dall’altro, ne riconosce la specificità, tutelandone espressamente l’identità linguistico culturale.
Il riferimento è a disposizioni come:
– l’articolo 21, comma 1, lettera e) che richiama gli Stati al riconoscimento delle lingue dei segni e alla promozione del loro uso;
– l’articolo 24, comma 3, lettera b), ai sensi del quale gli Stati devono adottare misure adeguate anche per “[…] agevolare l’apprendimento della lingua dei segni e la promozione dell’identità linguistica della comunità dei sordi”;
– l’articolo 30, comma 4, secondo cui “le persone con disabilità hanno il diritto, su base di uguaglianza con gli altri, al riconoscimento e al sostegno della loro specifica identità culturale e linguistica, ivi comprese la lingua dei segni la cultura dei sordi”.
Queste norme (a cui si aggiunge il fondamentale articolo 9 in materia di accessibilità) appaiono particolarmente significative anche per il richiamo alla ‘comunità dei sordi’ e alla ‘cultura dei sordi’, espressioni che in questo modo sono entrate a far parte del lessico giuridico e, di riflesso, non dovrebbero essere considerate il parto semantico di un gruppo di ‘sordi irriducibili’ che pur avendo sviluppato competenze linguistiche (variabili) anche nella lingua vocale (parlata e scritta), del tutto incomprensibilmente (a detta di quanti criticano il ricorso alle LS e si oppongono al riconoscimento della LIS) decidono in molte situazioni di utilizzare la lingua dei segni.
Oggi non ha più alcun senso stigmatizzare le lingue dei segni e quanti ad esse fanno ricorso. Si tratta infatti di idiomi del tutto sovrapponibili alle ‘lingue non territoriali’ protette dalla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie del Consiglio d’Europa e usate dalle cosiddette ‘comunità diffuse’, non radicate in una determinata porzione geografica come invece le minoranze linguistiche tutelate dalla legge 482/1999.
Dunque:
- alla luce degli autorevoli studi che hanno restituito alle LS dignità di lingue tout court,
- dopo l’approvazione di una decina di leggi regionali sulla promozione del riconoscimento della LIS da parte delle Istituzioni locali,
- e, soprattutto, a distanza di dodici anni dalla ratifica italiana della CRPD, a seguito della quale il nostro Paese si è vincolato giuridicamente a dare piena attuazione alla Convenzione nel suo complesso (e dunque anche alle disposizioni prima ricordate),
il riconoscimento della LIS, da parte del Parlamento nazionale, non può essere ancora dilazionato o guardato con scetticismo.
Dovrebbe anzi diventare un traguardo condiviso da persone sorde e udenti insieme, uno strumento per l’esercizio dei diritti di cittadinanza di ciascuno, a parità di condizioni, senza alcuna distinzione di lingua e di condizioni personali, come del resto ci ricorda l’articolo 3 della Costituzione.
Foto principale: Katiuscia Andò
Per approfondire
Fontana, Sabina & Virginia Volterra. 2020. Stabilità e instabilità della LIS. Alcune riflessioni tra norma e uso. In Francesca M. Dovetto (a cura di), Lingua e patologia. I sistemi instabili, 101-122. Roma: Aracne.
Gulli, Tiziana & Virginia Volterra. 2020. La comunità sorda segnante italiana all’epoca del coronavirus: lingua dei segni e accessibilità. MicroMega online.
Marziale, Benedetta. Lingua dei segni italiana: il diritto fondamentale ad esprimersi. Treccani Magazine, Lingua Italiana, 5 settembre 2013.
Marziale, Benedetta & Virginia Volterra (a cura di). 2016. Lingua dei segni, società, diritti. Roma: Carocci.
Volterra, Virginia, Maria Roccaforte, Alessio Di Renzo & Sabina Fontana. 2019. Descrivere la lingua dei segni italiana. Una prospettiva cognitiva e sociosemiotica. Bologna: il Mulino.
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