Nicola Grandi
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Una parola può talvolta assumere in una particolare disciplina un significato differente da quello che ha nell’uso corrente. È il caso di ‘lingua’ e ‘linguaggio’, che nella terminologia della linguistica designano concetti molto diversi. Il rapporto tra linguaggio e lingua è simile a quello tra hardware e software.
Il linguaggio (o, meglio, ‘facoltà del linguaggio’) è il prerequisito per le lingue; rappresenta il ‘supporto’ sul quale le lingue vengono poi ‘installate’. Il linguaggio viene di norma definito come una facoltà dell’uomo che gli consente di creare sistemi di comunicazione abbinando contenuti e mezzi di espressione. Esso fa parte della dotazione innata che ogni membro della specie possiede al momento in cui viene al mondo, più o meno come il fegato, il naso, i piedi, ecc. Questa affermazione pone una serie di interrogativi: dove sta, nel nostro corpo, il linguaggio? Di quali organi si compone? Come funziona? Su esse torneremo brevemente alla fine di questo capitolo.
Le lingue storico-naturali (verbali, come il tedesco, l’italiano, l’arabo, ma anche quelle segnate, come la LIS, Lingua Italiana dei Segni) sono invece una delle possibili realizzazioni del linguaggio. La principale, ma certamente non l’unica: anche la musica, la segnaletica stradale, la comunicazione non verbale sono tra i molti prodotti del linguaggio, in quanto anch’essi possono essere considerati sistemi di comunicazione. C’è chi afferma, anzi, che ogni attività di pensiero sarebbe una conseguenza della nostra facoltà del linguaggio.
Parlare del rapporto tra lingue e linguaggio significa in ultima analisi affrontare una questione che da secoli anima gli studi sulla nostra capacità linguistica, quella relativa al rapporto tra natura e cultura: in che misura il nostro parlare è frutto di una abilità naturale? E in che misura, invece, esso è giustificabile in termini culturali? In realtà l’unica risposta plausibile a queste domande non è cercare di stabilire se la nostra capacità di comunicare per mezzo delle lingue (e non solo di esse, si è visto) sia naturale o culturale, ma, piuttosto, chiedersi quanto ci sia in essa di naturale e quanto di culturale in ognuna delle sue manifestazioni. Sinteticamente possiamo asserire che il linguaggio è certamente in larga parte prodotto di natura. Le lingue sono invece analizzabili in termini prevalentemente culturali. La migliore definizione del rapporto tra natura e cultura nelle lingue e nel linguaggio resta quella che ha dato Dante nel XXVI canto del Paradiso:
Opera naturale è ch’uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v’abbella.
L’uomo parla perché la natura gli consente di farlo; ma il modo in cui lo fa dipende da parametri non dissimili da quelli che regolano la diffusione delle mode!
Queste considerazioni hanno una serie di conseguenze molto importanti. Il linguaggio è unico, identico per tutti i membri della specie (o delle specie, visto che anche gli animali hanno un linguaggio che, a suo modo, produce ‘lingue’). Le lingue invece variano in base a condizionamenti ambientali, sociali e culturali (esattamente come il modo di vestire, come i gusti alimentari, ecc.). Che il linguaggio sia uguale per tutti gli esseri umani è facilmente dimostrabile: ognuno di noi impara non necessariamente la lingua dei propri genitori biologici, ma, piuttosto, quella della comunità che ci alleva e nella quale cresciamo. Il caso dei bimbi che crescono in comunità diverse da quelle dei propri genitori (ad esempio a seguito di un’adozione) è in questo senso emblematico. Ciò significa che noi nasciamo con una predisposizione ad imparare a parlare che è in qualche modo inscritta nel nostro patrimonio genetico; ma questa predisposizione non è vincolata ad una lingua specifica: nessuna lingua, cioè, è geneticamente predeterminata. Ciascuno di noi può imparare qualunque lingua, sia come lingua nativa, sia come lingua seconda (o straniera). Se la trasmissione del linguaggio avviene per via verticale, cioè in modo analogo a tutti gli elementi geneticamente determinati, la trasmissione delle lingue avviene per via orizzontale, per contatto. Il linguaggio si trasmette dai genitori ai figli, come il colore degli occhi o come le malattie genetiche; la propagazione delle lingue è più simile a quella di un’influenza: le impariamo da chi ci sta accanto. Il linguaggio è dunque congenito, di conseguenza inapprendibile, universale (cioè comune a tutti i membri della specie), immutabile ed incancellabile. Le lingue, all’opposto, non sono congenite, ma apprendibili (imparare a parlare ci impegna quasi a tempo pieno per i primi anni della nostra vita; anzi, c’è chi ritiene che imparare a parlare sia l’impresa più complessa che un uomo possa compiere nella sua esistenza), non sono universali (si pensa che oggi al mondo si parlino tra 6000 e 7000 lingue), sono mutevoli (non solo in prospettiva storica; la lingua che ciascuno di noi usa cambia nello spazio, ma anche in base al grado di formalità della situazione in cui ci troviamo, all’argomento di cui stiamo parlando, al rapporto con i nostri interlocutori, all’uso o meno della scrittura, ecc.) e sono cancellabili (il mantenimento di una lingua è strettamente legato all’uso: se non viene parlata, una lingua si deteriora e viene progressivamente dimenticata; ovviamente, una lingua può essere dimenticata anche a seguito di traumi e malattie).
Il linguaggio è quindi l’insieme di componenti fisiche, concrete, non modificabili di un sistema nel quale le lingue vengono successivamente ‘installate’ (e dal quale possono essere ‘disinstallate’). Il linguaggio ci accomuna; le lingue ci distinguono.
Sopra abbiamo detto che il linguaggio fa parte della dotazione di cui ogni essere umano dispone dalla nascita, come il fegato, il cuore, i polmoni, il naso, ecc. Le strutture biologiche del nostro organismo sono di norma evidenti, sia nella loro posizione all’interno di esso, sia nel loro funzionamento, sia, infine, nella loro funzione: sappiamo dove è collocato il fegato e quale posizione occupi nell’apparato digerente, conosciamo il ruolo che svolge nel metabolismo. Ma possiamo dire lo stesso del linguaggio? La risposta è sostanzialmente negativa. Mentre possiamo affermare di conoscere in modo approfondito come funzionano e come cambiano nel tempo le lingue storico-naturali, sappiamo davvero ancora poco dell’hardware. Il linguaggio non ha una sede chiara ed unica nel nostro organismo (a differenza ad esempio dell’apparato digerente o respiratorio), ma sembra ‘distribuirsi’ all’interno di esso (coinvolgendo, ad esempio, cervello, polmoni, cavità orale, naso (per le lingue verbali), braccia e mani (per lingue dei segni), ecc.). Ben poco possiamo dire dei geni che regolano le nostre abilità linguistiche (se non che la ricerca di un fantomatico gene del linguaggio si è ben presto rivelata una chimera). Ma al di là delle componenti ‘fisiche’, il linguaggio sembra costituito anche da abilità cognitive molto complesse e difficilmente localizzabili, come ad esempio quelle che stanno alla base della ricorsività (la capacità di applicare un processo a se stesso, che sembra il cardine della sintassi delle lingue storico-naturali), che caratterizzano anche molti altri nostri comportamenti non linguistici e comunicativi. E questo complica ancor di più l’impresa di tracciare un ritratto attendibile di questo hardware, ma rende la sfida più avvincente ed affascinante.
Per approfondire
Boncinelli, Edoardo. 2003. I presupposti biologici del linguaggio I. Aspetti evolutivi. Lingue e Linguaggio 1. 147-159.
Cavalli Sforza, Luigi Luca. 1996. Geni, popoli, lingue. Milano: Adelphi.
Grandi, Nicola (a cura di). 2011. Dialoghi sulle lingue e sul linguaggio. Bologna: Pàtron Editore.
Soravia, Giulio. 2016. L’alba delle parole. Bologna: Pàtron Editore.
1 Commento
luca 01 Luglio, 2020
trovo poco calzante il parallelo fra hardware e linguaggio. vedo piu’ immediata l’immagine del linguaggio come l’insieme degli utensili e dei materiali di un artigiano che deve realizzare un’opera, La lingua e’ l’opera realizzata attraverso l’uso degli strumenti e dei materiali disponibili.
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