Antonella Sorace
Università di Edimburgo e Bilingualism Matters
Al giorno d’oggi conoscere più di una lingua non è considerato insolito: le nostre società sono sempre più multilingui grazie alla mobilità delle persone e alle connessioni internazionali in un mondo globalizzato. Tuttavia vediamo la presenza ancora pervasiva di pregiudizi e incomprensioni sul multilinguismo, spesso in tandem con la convinzione che alcune lingue siano utili e quindi debbano essere sostenute nell’apprendimento e mantenute nel tempo (l’inglese è l’esempio lampante), ma altre lingue – cosiddette ‘di minoranza’ – non abbiano lo stesso valore pratico e possano costituire un ostacolo dal punto di vista dei percorsi educativi e dell’integrazione sociale.
Un altro pregiudizio molto diffuso è la convinzione che una persona sia bilingue soltanto se ha imparato due lingue simultaneamente dalla nascita e ha una competenza molto alta in entrambe le lingue. I ricercatori usano invece il termine ‘bilinguismo’ in modo inclusivo per riferirsi a chi conosce più di una lingua appresa sia durante l’infanzia che in età adulta. Inoltre il ‘bilingue perfetto’ non esiste: il livello di competenza in una lingua rispetto all’altra è tipicamente variabile nel corso del tempo a seconda delle esperienze di uso in diversi contesti e situazioni. Quindi il bi/multilinguismo non è categorico ma è piuttosto una dimensione continua, influenzata da numerosi fattori individuali e contestuali che includono ambiente socio-economico, continuità di esposizione bilingue, numero di parlanti con cui si usa ciascuna lingua, atteggiamenti e percezioni familiari e sociali nei confronti sia del bilinguismo in generale che di particolari lingue.
La ricerca linguistica e cognitiva sul multilinguismo sta rivelando un quadro che contraddice i pregiudizi comuni e dimostra che il multilinguismo è non soltanto vantaggioso dal punto di vista pratico, ma anche dal punto di vista dello sviluppo e della flessibilità del cervello: in poche parole, il multilinguismo in qualsiasi lingua ‘apre la mente’, indipendentemente dal prestigio sociopolitico delle lingue e dalla loro diffusione.
I vantaggi dell’avere più di una lingua simultaneamente attiva nel cervello sono stati dimostrati in ambiti diversi e connessi a comportamenti sia linguistici che più generali. Per esempio, i bilingui trovano più facile capire la prospettiva e il punto di vista degli altri, dato che fin da piccoli imparano che non tutti sono bilingui e bisogna scegliere una lingua invece dell’altra a seconda della persona con cui si parla. Altri studi hanno svelato un controllo più efficiente dell’attenzione nei bilingui, intesa come capacità di focalizzarsi su informazioni rilevanti e adattare l’attenzione in modo flessibile a seconda delle circostanze. È stato anche dimostrato che il bilinguismo può influire positivamente sulle abilità di ragionare sia sul linguaggio stesso (le cosiddette abilità metalinguistiche) che in modo logico più generale, conferendo potenziali vantaggi in ambito scolastico, ma anche più globalmente per l’economia della società. Se quello che conta per poter avere questi benefici è gestire più di una lingua nel cervello e la ‘ginnastica cerebrale’ che ne consegue, il multilinguismo in qualsiasi combinazione di lingue – incluse le varietà dialettali e lingue di minoranza indigene e immigrate – va considerato come una risorsa che arricchisce non solo gli orizzonti culturali, ma anche le capacità sociali e cognitive degli individui.
Va detto che questi effetti positivi non sono automatici e dipendono da interazioni complesse – non ancora pienamente analizzate dal punto di vista scientifico – tra i molti fattori che hanno un ruolo nel determinare come il bilinguismo viene acquisito, mantenuto e percepito in specifici contesti sociali e familiari. La ricerca quindi può contribuire alla valutazione obiettiva del ruolo del multilinguismo in diversi settori della società. Vediamo in che modo.
Iniziamo dal contesto familiare. Le nostre società sono sempre più composte da famiglie multilingui. Ci sono famiglie in cui i genitori parlano lingue diverse e ciascuno usa la propria lingua con i figli; altre famiglie in cui genitori e figli parlano una lingua diversa da quella della comunità, spesso perché sono immigrati da un altro paese; e altre ancora in cui i genitori scelgono di usare una lingua diversa dalla loro con i figli, o di iscriverli a scuole bilingui o operanti in un’altra lingua per dar loro un potenziale vantaggio. Il fattore determinante per il successo dell’apprendimento multilingue in tutte queste situazioni è la quantità e la qualità di esposizione a più di una lingua: la ricerca ha dimostrato che i bambini bilingui hanno bisogno di sentire e usare entrambe le lingue in situazioni che li motivino e li coinvolgano. Non esiste un metodo ideale o ‘perfetto’ per tutte le famiglie: diversi modi sono possibili e in principio funzionano tutti se offrono ai bambini un ambiente familiare o scolastico sereno in cui entrambe le lingue vengono apprezzate ed usate spesso. Questo può richiedere un impegno costante, che aumenta proporzionalmente se le lingue sono più di due. Va ricordato che crescere bambini bilingui può essere un’esperienza immensamente gratificante ma anche, a volte, difficile e complessa. Le famiglie devono spesso affrontare decisioni senza poter disporre di informazioni sugli stadi dello sviluppo bilingue, gli effetti del bilinguismo sugli altri aspetti della vita dei figli, o come creare un ambiente idoneo che sostenga entrambe le lingue.
Al di fuori del contesto familiare, qual è l’età migliore per imparare una seconda lingua e diventare bilingui o multilingui? Molti pensano che l’apprendimento linguistico sia molto più facile per i bambini che per gli adulti. Fino a non molto tempo fa, la ricerca sosteneva l’idea di un unico ‘periodo critico’ per imparare un’altra lingua, corrispondente alle fasi dell’infanzia fino all’adolescenza. Tuttavia la ricerca attuale rivela un quadro diverso. È stato dimostrato che gli adulti possono raggiungere livelli di competenza molto elevati in lingue apprese dopo l’adolescenza, anche se con notevoli differenze individuali in termini di motivazione, tempo disponibile, esperienze formative precedenti, profili cognitivi generali, e sensibilità a diverse componenti di una lingua (grammatica e vocabolario sono in genere appresi efficacemente più a lungo nell’arco della vita degli aspetti fonetici e prosodici). In genere, la ricerca dimostra che il cervello è molto più flessibile e ricettivo nei confronti di nuove esperienze di quanto non si pensasse. Non solo gli adulti giovani, ma anche gli adulti anziani possono trarre benefici e risultati tangibili nell’apprendimento di una nuova lingua anche se, in confronto con adulti più giovani, non dispongono di una dimensione temporale estesa per perfezionare e migliorare le conoscenze acquisite. Questi risultati suggeriscono che la disponibilità di tempo e la situazione di immersione nella lingua, di cui beneficiano molti bambini in età prescolare, possano essere un fattore fondamentale che differenzia i risultati raggiungibili a diversi stadi dell’arco della vita. Inoltre, molti dei benefici linguistici e cognitivi del bilinguismo sono stati riscontrati anche nei bilingui adulti, il che suggerisce che non è mai troppo tardi per imparare una nuova lingua.
Infine, viviamo in società rese sempre più multilingui da immigrazione, mobilità e globalizzazione. Mentre alcune lingue (caso eclatante: l’inglese in paesi non anglofoni) sono considerate prestigiose e quindi utili dal punto di vista economico, molte lingue sono presenti nel tessuto sociale ma non vengono valorizzate e quindi spesso non vengono mantenute da una generazione all’altra. Nei paesi anglofoni, spesso caratterizzati dal ‘monolinguismo privilegiato’ in inglese, l’apprendimento delle lingue non viene promosso o incentivato. Diversi ambiti sociali si confrontano quotidianamente con decisioni fondamentali riguardo al bilinguismo. Gli insegnanti hanno classi multilingui dove gli alunni provengono da diversi paesi e si trovano a diversi livelli di apprendimento della lingua della comunità. Gli operatori sanitari spesso esaminano casi di bambini bilingui che si crede esibiscano i sintomi di disturbi specifici del linguaggio, mentre invece producono frasi prevedibili e caratteristiche dello stadio di apprendimento linguistico a cui si trovano. Governi e amministrazioni locali sono responsabili per la creazione e l’attuazione di programmi scolastici per l’apprendimento delle lingue o per l’integrazione linguistica e sociale degli immigrati. Il settore privato necessita di conoscenze linguistiche adeguate al fine di poter esercitare attività commerciali ed economiche in altri paesi. In tutti questi casi, avere un’informazione sul multilinguismo che non sia basata su pregiudizi e idee erronee è fondamentale per poter prendere decisioni ottimali che valorizzino il multilinguismo come risorsa. Questo richiede la formazione di connessioni efficaci tra il mondo della ricerca e la società, affinché entrambi possano trarne beneficio.
Per approfondire
Bilingualism Matters: https://bilingualism.matters.ppls.ed.ac.uk.
Garraffa, Maria, Antonella Sorace & Maria Vender. 2020. Il cervello bilingue. Roma: Carocci.
1 Commento
Arnold David Noel Pitt 06 Luglio, 2020
Every person now needs two languages: a home language and a world language. Any language will do as the home language to be used in the home and with other speakers, usually, people in your locality. The world language needs to be regular, phonetic, comprehensive and easily learnable. English is not too bad in this respect except for the diabolical spelling. but a language designed for the job is more suitable. Such a language is Esperanto.
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