Gloria Gagliardi
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
«Posso vedere le parole che galleggiano davanti a me, ma non riesco a raggiungerle. E non so più chi sono e cosa perderò ancora…»
Still Alice (2014) di R. Glatzer e W. Westmoreland
Il linguaggio verbale non è soltanto il vettore principale con cui ciascun individuo entra in relazione con gli altri, ma gioca un ruolo di primo piano nel processo di costruzione del Sé: consente di plasmare ed organizzare il flusso di informazioni del mondo esterno, di concettualizzare ed assegnare un valore alle esperienze, contribuendo così a strutturare l’identità. In quanto funzione cognitiva complessa intrattiene strettissimi legami con gli altri domini psichici (come ad esempio la percezione, l’attenzione, la memoria, la coscienza e l’affettività) ed ha un vasto e complesso substrato neurobiologico, a livello corticale e sottocorticale (in particolare nella regione perisilviana, coinvolgendo soprattutto le aree di Broca, Wernicke e Geschwind, nonché le relative connessioni, cf. Catani et al. 2005). Non stupisce, dunque, che persino minimi cambiamenti nella struttura e nella funzionalità del cervello (es. atrofie o lesioni) oppure alterazioni dell’umore abbiano come effetto il manifestarsi di anomalie linguistiche, più o meno vistose. È questo il motivo per cui tra i possibili domini di indagine delle scienze del linguaggio rientrano a pieno titolo le patologie. In realtà i linguisti non si interessano solo delle condizioni in cui i parlanti ‘perdono’ la capacità di utilizzare le lingue storico-naturali, come Alice – la protagonista dell’omonimo film, citato in epigrafe – che scopre in giovane età di essere affetta da demenza, ma anche dei casi in cui il linguaggio verbale viene acquisito con difficoltà oppure questa facoltà non si sviluppa affatto.
Che cos’è, dunque, la Linguistica Clinica?
In breve, la Linguistica Clinica (LC) è la branca delle scienze del linguaggio che – parafrasando una celebre definizione proposta da David Crystal – applica teorie e metodi linguistici all’analisi e al trattamento dei disturbi della lingua parlata, scritta e segnata. Il suo dominio di interesse sono i disturbi del linguaggio e della comunicazione, intesi nel senso più ampio possibile: anomalie che hanno il loro esordio in età evolutiva, come le balbuzie, oppure che compaiono in età adulta o anziana, come l’afasia (cf. Garraffa – link: https://www.linguisticamente.org/linguaggio-e-cervello-il-contributo-della-linguistica-allo-studio-delle-afasie/). Disturbi “primari”/“idiopatici”, che apparentemente non hanno alcuna causa evidente, come il Disturbo Primario del Linguaggio (cf. Suozzi & Gagliardi – link: https://www.linguisticamente.org/la-linguistica-applicata-ai-disturbi-del-linguaggio-il-caso-dei-pronomi-clitici/) oppure “secondari”, come le ingravescenti anomalie verbali che si osservano nei pazienti che hanno la demenza. Disturbi “selettivi”, che compromettono in modo più o meno severo i processi di elaborazione linguistica senza però intaccare l’intelligenza del paziente, come le già ricordate afasie, oppure deficit verbali associati ad una più generale riduzione delle capacità cognitive, come le atipie comunicative riscontrabili nei soggetti con lesione cerebrale diffusa (ad esempio in disturbi neurologici manifestati dai pazienti che hanno subito forti traumi cranici oppure ictus estesi, in cui risultano compromessi lo stato di coscienza o altri domini psichici, come la memoria).
Un po’ di storia…
I metodi di analisi propri delle scienze del linguaggio sono stati applicati alla descrizione delle disabilità comunicative a partire dal XIX secolo. Il caso più noto è certamente quello di Roman Jakobson, che in un suo celebre saggio del 1941 (Kindersprache, Aphasie und allgemeine Lautgesetz, tr. Il farsi e il disfarsi del linguaggio. Linguaggio infantile e afasia) pose pionieristicamente in parallelo lo sviluppo della competenza linguistica (fonologica, in particolare) nel bambino e la sua dissoluzione nelle afasie, postulando che gli stessi principi teorici generali debbano rendere conto sia del funzionamento regolare, a livello individuale e collettivo (es. variazione e mutamento delle lingue del mondo, cf. Napoli – link: https://www.linguisticamente.org/perche-le-lingue-cambiano/; Ballaré – link: https://www.linguisticamente.org/la-sociolinguistica-come-si-cattura-la-variazione/), sia delle deviazioni dalla norma causate dalle patologie. Tuttavia la coniazione e la successiva diffusione del termine “linguistica clinica” (LC) vengono convenzionalmente fatte risalire ad un volume di David Crystal del 1981, dall’omonimo titolo. Attualmente è un settore in forte espansione: la comunità ha, tra le sue principali sedi di discussione, la rivista Clinical Linguistics and Phonetics (link: https://www.tandfonline.com/journals/iclp20), attiva dal 1987 e ancora oggi pubblicata con cadenza mensile, e la società scientifica ICPLA (The International Clinical Phonetics and Linguistics Association), che organizza un congresso internazionale con cadenza biennale.
I metodi della Linguistica Clinica
Come vengono esplorati, dunque, i disturbi del linguaggio dalla LC? Non è affatto semplice fornire una risposta breve ed esaustiva a questa domanda. Semplificando, i campi di indagine che hanno ricevuto, fino ad oggi, maggiore attenzione sono la costruzione di profili linguistici (profiling), e la messa a punto di strumenti per la valutazione e il trattamento delle competenze linguistiche e comunicative, che possano supportare i clinici nella diagnosi e nella riabilitazione dei loro pazienti. Nel primo caso, vengono censite le caratteristiche delle produzioni verbali dei singoli pazienti o di gruppi di pazienti, con il duplice obiettivo di descriverne le peculiarità e fare inferenze sul funzionamento del linguaggio in condizioni ‘regolari’. Un eccellente esempio per la lingua italiana è rappresentato dal volume di Patrizia Sorianello, Linguaggio e sindrome di Down, in cui la studiosa ha esplorato l’eloquio di pazienti cosentini con trisomia 21, mettendone in luce le particolarità fonetico-fonologiche e morfologiche. Sul secondo versante, la LC può fornire un valido contributo per la costruzione di test in grado di fornire una misura quantitativa oggettiva e riproducibile delle competenze verbali, da utilizzare in contesto sanitario. In questo campo le esperienze, anche in lingua italiana, sono molte: ricordiamo in questa sede la batteria APACS di Giorgio Arcara e Valentina Bambini, finalizzata alla valutazione delle competenze pragmatiche, un caso davvero esemplare di collaborazione interdisciplinare. Al lettore sarà chiaro, giunto a questo punto, che la LC si situa al crocevia di molteplici aree di ricerca: sebbene il suo oggetto di studio sia costituito dalle produzioni verbali “atipiche” (ovvero prodotte da pazienti, adulti o bambini), il/la linguista che se ne occupa deve acquisire conoscenze proprie di altre discipline, ad esempio fondamenti di neurologia, otorinolaringoiatria, foniatria, (neuro)psicologia e psichiatria, per essere in grado di leggere la letteratura scientifica ed interagire proficuamente con le figure professionali di ambito sanitario. Tuttavia, in conclusione, è bene ribadire sulla scia di Cummings che il/la linguista che si dedica alla LC è, innanzitutto, un/una linguista: in quanto tale, pur conoscendo in modo approfondito cause e sintomi dei disturbi oggetto dei suoi studi, «affronta lo studio dei disturbi del linguaggio con lo stesso bagaglio concettuale, terminologico e metodologico che costituisce la conoscenza operativa di qualsiasi linguista accademico» (Cummings, 2016: 95).
Per approfondire
Arcara Giorgio & Bambini Valentina. 2016. A Test for the Assessment of Pragmatic Abilities and Cognitive Substrates (APACS): Normative Data and Psychometric Properties. Frontiers in Psychology. 7-70.
Catani Marco, Jones K. Derek & Ffytche H Dominic. 2005. Perisylvian language networks of the human brain. Annals of Neurology. 57(1):8–16.
Crystal David. 1981. Clinical Linguistics. Wien: Springer Verlag.
Cummings Louise. 2016. Il contributo della linguistica clinica, in M. Daloiso (a cura di), I Bisogni Linguistici Specifici. Inquadramento teorico, intervento clinico e didattica delle lingue. Trento: Erickson. 85-116.
Gagliardi Gloria. 2021. Che cos’è la linguistica clinica. Roma: Carocci.
Gagliardi Gloria. 2022. I disturbi del linguaggio e la ricerca in linguistica clinica. In C. Meluzzi & N. Nese (a cura di), Metodi e prospettive della ricerca linguistica. Milano: Ledizioni. 135–148.
Jakobson Roman. 1941. Kindersprache, Aphasie und allgemeine Lautgesetz. Uppsala: Almqvist & Wiksell (trad. it., 2006, Linguaggio infantile e afasia. Torino: Einaudi).
Müller Nicole & Howard Sara. 2008. The Handbook of Clinical Linguistics (a cura di). Malden (MA)-Oxford: Blackwell.
Sorianello Patrizia. 2012. Linguaggio e sindrome di Down. Milano: Franco Angeli.
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