Silvia Zampetta
Università di Pavia
Degli anni che ho passato a studiare le funzioni dell’articolo definito e la sua evoluzione diacronica, un solo aspetto è sempre rimasto costante: la delusione negli occhi delle persone quando mi chiedevano a cosa stessi lavorando. “Studi il linguaggio, che bello! E di cosa ti occupi?” “Dell’articolo definito” “Ah… ok… cioè ma è parolina così piccola, cosa c’è da studiare?” E mentre il mio interlocutore finiva di pronunciare questa infausta domanda della quale conoscevo già il finale, puntualmente mi scorrevano davanti, come in un flashback hollywoodiano, le migliaia di parole lette, le notti insonni, la frustrazione… E allora, raccogliendo quella pazienza che solo i linguisti hanno, ho sempre cercato di spiegare, nella maniera più semplice di cui fossi capace, il perché di questa impresa. Lo stesso proverò a fare qui.
Per chi è nato e cresciuto in Italia, i primi ricordi dell’articolo definito (o determinativo, come solitamente viene chiamato nelle grammatiche scolastiche) risalgono agli anni della scolarizzazione primaria. Chi di noi non ha passato almeno un pomeriggio della propria infanzia a riempire le pagine dei quaderni di italiano (anzi, di grammatica!) scrivendo a profusione il, lo, la, i, gli, le in corsivo? Ebbene, la prima cosa da sapere sull’articolo definito, è che questa esperienza non accomuna tutti i bambini del mondo, perché non tutte le lingue ne possiedono uno.
Una grande concentrazione di lingue che possiede l’articolo definito si trova nell’Europa dell’Ovest (Dryer 2005) e, in tutti i casi eccetto il greco (che presenta esempi di articolo definito fin dalle sue prime attestazioni letterarie), si tratta di uno sviluppo piuttosto recente. Il processo che ha portato alla nascita dell’articolo definito rientra tra i fenomeni di mutamento dei sistemi linguistici (del mutamento linguistico su Linguisticamente si è già parlato qui), ed ha la peculiarità di essere coerente e costante anche in lingue geograficamente distanti e non imparentate tra loro. In altre parole, quando si tratta di sviluppare un articolo definito, sembra che le lingue del mondo seguano “un copione”, procedendo a tappe prestabilite.
Ad ogni modo, prima di osservare il processo di nascita ed evoluzione dell’articolo definito, bisognerà chiedersi quali sono le sue funzioni e quali cambiamenti esso determina nel sistema linguistico che lo accoglie. In generale, possiamo dire che in una lingua che non possiede articoli definiti non esiste una strategia obbligatoria (detta marca) per codificare il tratto semantico [+ definito].
Ad ogni modo, prima di osservare il processo di nascita ed evoluzione dell’articolo definito, bisognerà chiedersi quali sono le sue funzioni e quali cambiamenti esso determina nel sistema linguistico che lo accoglie. In generale, possiamo dire che in una lingua che non possiede articoli definiti non esiste una strategia obbligatoria (detta “marca”) per codificare il tratto semantico [+ definito].
Ad esempio, il cinese mandarino non presenta un articolo definito, ed esprime il tratto [+ definito] attraverso l’ordine delle parole nelle frasi (della combinazione di parole in unità più ampie si può leggere qui). In generale, quando un soggetto precede il verbo da cui dipende è considerato [+ definito], se invece lo segue è da leggersi come [- definito]. Si osservino gli esempi seguenti (da Lyons 1999: 88, traduzione mia):
Come si può vedere, in cinese mandarino non è presente una “parola” specifica che codifica il tratto [+ definito]; nella prima frase, la lettura definita di “person” (rén) è possibile perché si trova davanti al verbo da cui dipende. Ben diversa – lo possiamo intuire già dalla traduzione – è la situazione dell’italiano, in cui l’espressione del tratto [+ definito] è codificata eccome!
In italiano esistono due tipi di articoli: definito e indefinito. La differenza tra i due non consiste, come farebbero pensare le denominazioni, nel fatto che il primo si riferisce a qualcosa di specifico e il secondo a qualcosa di generico. Chi domanda «Un caffè!» al bar sta rivolgendo una richiesta specifica, determinata, eppure lo fa servendosi dell’articolo indefinito. L’uso dell’uno o dell’altro dipende da due meccanismi fondamentali: l’opposizione classe/membro e l’opposizione noto/nuovo. Per quanto riguarda la prima opposizione, l’articolo definito indica la classe e quello indefinito il singolo individuo che ne fa parte. Si userà “il” nella frase Il leone è un mammifero carnivoro, “un” nella frase ho visto un leone allo zoo. Nel caso della seconda opposizione, l’uso dell’articolo definito indica che ciò di cui si parla è noto al nostro interlocutore, mentre l’articolo indefinito segnala che ciò di cui si parla non è conosciuto dal nostro interlocutore. Si dirà, per esempio, bisogna portare fuori il cane alludendo al cane di casa e dando per scontato che il destinatario del messaggio sia a conoscenza del cane in questione; mentre una frase come ho comprato un cane serve per introdurre nella conversazione un elemento che è nuovo per chi ci ascolta (Serianni et al. 1997).
Al di là del suo rapporto con l’articolo indefinito, l’articolo definito (in italiano e non solo) può essere usato in diversi contesti:
- Per richiamare un elemento che è stato nominato in precedenza (si parla in questo caso di funzione anaforica, esempio da Prandi & De Santis 2019: 253-254): Mio figlio ha un gatto. Il gatto ha due mesi e succhia il latte.
- Per fare riferimento ad un elemento che è presente nel contesto ed è visibile sia da chi parla che da chi ascolta (si parla in questo caso di funzione deittica): Passami il secchio, per favore.
- Per fare riferimento ad un elemento discorsivamente nuovo che può essere considerato [+ definito] grazie al suo legame con un altro elemento nominato in precedenza. Nell’esempio che segue, ciò che permette l’utilizzo dell’articolo definito davanti a “cortile” è la relazione che intercorre tra quest’ultimo e “casa” precedentemente citata (si parla in questo caso di anafora associativa): Ho comprato una casa nuova. Il cortile è molto grande.
- Per parlare di qualcosa che fa parte di conoscenze più generali o enciclopediche: La terra gira attorno al sole.
Il primo studioso ad aver osservato delle regolarità nel processo di nascita dell’articolo definito è Joseph Greenberg. Greenberg ha riconosciuto tre grandi stadi di evoluzione dell’articolo definito e ha soprannominato il suo percorso diacronico ciclo (nella letteratura successiva ciclo di Greenberg).
Il primo stadio del ciclo di Greenberg sancisce la piena realizzazione dell’articolo definito come marcatore del tratto [+ definito]: tutti gli utilizzi dell’articolo definito che abbiamo elencato sopra sono possibili in questa fase. Nel secondo stadio, l’articolo definito non è più ristretto a contesti semanticamente definiti, ma può estendere i propri impieghi ad includere contesti indefiniti: può essere utilizzato anche nei casi in cui le lingue che lo possiedono impiegano, piuttosto, l’articolo indefinito (Skrzypek et al. 2021). Nell’ultimo stadio, l’articolo definito arresta la propria espansione, accompagna sempre il nome e non è più capace di veicolare il tratto [+ definito].
In questa sede, l’aspetto forse più rilevante da esplicitare del fenomeno in questione è che l’articolo definito non si origina dal nulla, bensì esiste un altro elemento linguistico che pare essere la fonte più comune tra le lingue del mondo per lo sviluppo dell’articolo definito: il dimostrativo.
In italiano, le forme dell’articolo definito derivano dal dimostrativo latino ille, che già nei primi secoli dell’era cristiana veniva utilizzato come traducente dell’articolo definito greco nelle traduzioni latine dei vangeli (D’Achille 2001). Ad oggi, la nostra lingua sembra essersi fermata al primo stadio di evoluzione dell’articolo definito, tuttavia – e questa è senza ombra di dubbio l’informazione che scuote maggiormente il mio interlocutore ancora un po’ perplesso – potrebbe essere in corso un “nuovo” ciclo di Greenberg a partire dal dimostrativo quello. Come osserva Berruto (2012), la semantica di “quello” sembra profondamente coinvolta dalle dinamiche di ristandardizzazione della lingua italiana (per sapere qualcosa in più sul neostandard si può leggere quanto scritto qui https://www.linguisticamente.org/correggere-o-non-correggere-questo-e-il-problema/).
Molto spesso nell’italiano odierno, quando quello accompagna un nome sembra avere come unica funzione quella di marcare il tratto [+ definito], e cioè di svolgere la funzione tipica dell’articolo definito:
Gli specialisti ci dicono che ceramici sono quei materiali a legami ionici, anziché metallici (“La Stampa”, 20 maggio 1986, p.2 dell’inserto, esempio da Berruto 2012: 87).
Per concludere: queste poche righe contengono solo alcune delle numerosissime (!) cose che si possono scrivere sull’articolo definito, e ora, se siete stati bravi e avete letto con attenzione forse vi starete chiedendo: “Sì ma, che vuole dire “definito”?” Eh… questa è tutta un’altra storia.
Per approfondire
Banfi, Emanuele & Grandi, Nicola. 2011. Lingue d’Europa. Elementi di storia e di tipologia linguistica. Roma: Carocci Editore.
Berruto, Gaetano. 2012. Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo. Roma: Carocci Editore.
D’Achille, Paolo. 2001. Breve Grammatica Storica dell’Italiano. Roma: Carocci Editore.
Dryer, Matthew S. 2005. Definite articles. In: Haspelmath M., Dryer M.S., Gil D. & Comrie B. (eds.), The world atlas of language structures. Oxford: Oxford University Press, pp. 154-157.
Greenberg, Joseph H. 1978. How does a language acquire gender markers? In: GreenbergJ. H. & Ferguson C. A. & Moravcsik E. A. (eds.), Universals of human language, vol. 3: Word structure. Stanford: Stanford University Press, pp. 47-82.
Lyons, Christopher. 1999. Definiteness. Cambridge Textbooks in Linguistics. Cambridge: Cambridge University Press.
Prandi, Michele & De Santis, Cristiana. 2019. Manuale di linguistica e grammatica italiana. Torino: UTET.
Serianni, Luca, Castelvecchi, Alberto & Patota, Giuseppe. 1997. Italiano. Grammatica. Sintassi. Dubbi. Milano: Garzanti Editore.
Skrzypek, Dominika, Pietrowska, Alicja & Jaworski, Rafał 2021. The Diachrony of Definiteness in North Germanic. Leiden: Brill.
1 Commento
Lorenzo 04 Maggio, 2024
Questo articolo sull’articolo è brillante! Interessante e sagace anche per le persone non coinvolte nel mondo della letteratura, una piacevole lettura
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