Alice Lokar
Laureata all’Università di Trieste
Le fake news, notizie false che vengono diffuse in particolar modo mediante la Rete, si caratterizzano per alcuni aspetti peculiari che, se individuati, possono aiutarci a smascherare la bufala istantaneamente. Ma come riconoscere tali elementi? Imparare a leggere correttamente il testo è la chiave per mettere in evidenza le spie linguistiche che ci permettono di identificare la notizia falsa.
Al giorno d’oggi una grande quantità di informazioni passa attraverso il fitro dei social network; spesso gli articoli condivisi sotto forma di post si presentano solamente con il titolo e un’immagine a corredo. Nel caso in cui li si voglia leggere è necessario cliccare sul post e si viene reindirizzati sul sito che ha pubblicato l’articolo; questo passaggio però viene compiuto raramente, più spesso l’occhio dell’utente viene catturato dal titolo sensazionalistico e la notizia viene condivisa senza troppe riflessioni.
Cosa succede nel caso in cui il lettore, invece di fermarsi al titolo, clicchi sul post e decida di leggere l’articolo? Se è fortunato, ancor prima di cominciare a leggere può trovare un indizio utile a smascherare l’eventuale notizia falsa. Il primo suggerimento, infatti, può essere il nome del sito: un sito come la Repubbica (sic), che scimmiotta il quotidiano la Repubblica, è un evidente tentativo di trarre in inganno un lettore poco attento. Si tratta di un ‘sito fotocopia’, vale a dire un sito il cui nome fa il verso a una testata giornalistica conosciuta. Questa somiglianza crea nel lettore una sensazione di familiarità con ciò che già conosce e, se poco attento, il lettore in questione può scambiare il sito che pubblica notizie false per una vera testata giornalistica. Gli autori di fake news utilizzano questo stratagemma per creare un’illusione di attendibilità del sito che pubblica la notizia.
Anche il titolo del testo può già darci delle informazioni preziose: a differenza dei veri articoli giornalistici, spesso le fake news hanno un titolo con alcune parole scritte in maiuscolo oppure con uno o più punti esclamativi in chiusura. Va da sé che un titolo scritto in questa maniera cattura l’occhio del lettore, che viene spinto a condividerlo e, magari, a cliccare sul link e leggere l’articolo. Di norma il punto esclamativo alla fine di una frase viene usato per dare un tono enfatico; gli articoli giornalistici, al contrario, dovrebbero semplicemente veicolare un’informazione neutrale. Spesso, inoltre, il punto esclamativo nei titoli segue espressioni che creano allarme e colpiscono l’emotività del lettore. All’autore della bufala basta inserire “ATTENZIONE” all’inizio del titolo e il gioco è fatto. Chi si imbatte in un titolo architettato in questo modo tende a diffondere immediatamente la notizia per farla arrivare a quante più persone possibile.
All’interno delle fake news, poi, è spesso contenuta un’esplicita esortazione rivolta al lettore affinché questi condivida la notizia; si tratta di frasi come “CONDIVIDI SE NE HAI ABBASTANZA!”. Queste esortazioni sono chiamate dai linguisti ‘atti illocutori esercitivi’ e fanno parte degli ‘atti linguistici’, in quanto le parole che li compongono non si limitano a descrivere qualcosa ma danno delle vere e proprie istruzioni al lettore e comportano quindi degli effetti pratici: il testo non si accontenta di informare il lettore, bensì cerca di persuaderlo a condividere la notizia. Nella pratica, l’autore della bufala si rivolge in modo diretto al lettore e instaura un rapporto di confidenza eccessiva, in cui il lettore si sente coinvolto personalmente.
È importante notare che nell’informazione neutra, caratteristica delle vere testate giornalistiche, non si verifica il contatto diretto tra autore e lettore; invece nelle fake news questo contatto è necessario. Per l’autore di un messaggio falso è fondamentale catturare l’attenzione del lettore e indurlo a diffondere la notizia; la visita al sito, infatti, rappresenta un guadagno. Si tratta di una strategia chiamata clickbait; questa definizione si riferisce a un contenuto il cui scopo principale è attrarre l’attenzione dei lettori e incoraggiare i visitatori a cliccare il link di una pagina web. I titoli sensazionalistici rappresentano dunque un’esca gettata al lettore che, cliccando sul link, aumenta il numero di visite al sito e, di conseguenza, i guadagni provenienti dalle inserzioni pubblicitarie.
Se poi si scegliesse di leggere l’articolo e si prestasse attenzione alla sua struttura, si noterebbe che chi scrive e pubblica fake news adotta uno schema narrativo fisso per favorire la presa di posizione da parte dei lettori. In sostanza, l’autore del testo usa una sorta di canovaccio, uno schema predefinito di narrazione, entro i confini del quale troviamo dei soggetti fissi. Per capire questo aspetto basta pensare a una fiaba qualsiasi: c’è sempre un antieroe che crea una rottura dell’equilibrio iniziale, una vittima che subisce le ingiustizie inflitte dall’antieroe e un eroe che, infine, ripristina l’equilibrio iniziale punendo l’antieroe e risarcendo la vittima. Un ruolo particolare viene svolto dall’autore del testo che agisce come ‘aiutante’; fornisce l’informazione al lettore e lo mette in guardia. Dall’obiettivo di un guadagno economico si è quindi passati a uno scopo più raffinato: la manipolazione di un pubblico, la formazione di luoghi comuni che uniformino il pensiero.
Le fake news quindi possono essere diffuse anche a sostegno di una particolare tesi; lo scopo può essere convincere il lettore della validità di un’idea o di un’opinione e portarlo a schierarsi a favore di quest’ultima. La struttura argomentativa dei testi in questione si regge sul giudizio e sulle valutazioni personali dell’autore, che vengono inclusi all’interno del testo. Queste opinioni, però, non vengono esposte in modo esplicito ma implicitamente, mediante l’uso di espressioni valutative non neutrali, che rappresentano una chiara presa di posizione da parte di chi li usa. Ad esempio:
si tratta dell’ennesima tragedia annunciata
poteva tranquillamente essere evitata
come sempre a rimetterci sono stati i cittadini
Lo scopo è quello di lavorare sull’emotività del lettore accentuando sfumature valutative che non dovrebbero comparire in una cronaca oggettiva. Gli aggettivi e gli avverbi non sono neutrali; il messaggio che si vuole trasmettere non è puramente informativo, bensì aggiunge una connotazione negativa o positiva, a seconda dei casi. In questo modo il lettore non viene informato di un fatto (sempre che il fatto si sia realmente verificato), ma gli viene fornito un giudizio preconfezionato sul fatto stesso.
Gli autori di fake news sono ben attenti a specificare solo i dettagli di cui hanno bisogno per raggiungere il proprio scopo; il confine tra detto e non detto si situa sulla linea che separa ciò che conviene dire da ciò che conviene omettere. Il quadro si complica se l’autore della bufala dice qualcosa che porta con sé un messaggio secondario, sottinteso dal lettore. È il caso delle ‘implicature’, chiamate così da linguisti e semiologi perché implicano, appunto, un secondo significato che si affianca a ciò che viene detto esplicitamente ma che non è direttamente ricavabile dalle parole usate nel testo. Ad esempio:
mentre eravamo tutti distratti dalla tragedia del terremoto, proprio ieri il Senato ha approvato la modifica dell’art. 126 ter del cod. della strada
Al di là della oggettiva falsità dell’informazione (infatti questa modifica non è mai stata apportata e non esiste alcun art. 126 ter del cod. della strada), se ci fermiamo al significato letterale della frase in corsivo, non troviamo un filo logico che la collega al testo che segue. Si sta facendo intendere qualcosa attraverso un’affermazione che apparentemente non è collegata a quella successiva: tra le due non c’è un nesso coerente, a causa del salto di tema. Inoltre la congiunzione mentre esprime un collegamento temporale (e non causale, come invece cerca di dare a intendere l’autore). A causa dell’implicatura il lettore accoglie il significato implicito suggerito dall’autore della fake news, che vuole comunicare l’idea che il governo italiano abbia agito ‘alle spalle’ dei cittadini “distratti dalla tragedia del terremoto”. In questo modo l’autore stimola l’emotività del lettore, suscitando rabbia e indignazione. Le implicature, infatti, rientrano nella pragmatica, la branca della linguistica che si occupa degli effetti che le parole hanno sui nostri comportamenti, sui nostri ragionamenti e sulla nostra visione del mondo e vengono utilizzate, appunto, per fare leva ancora una volta sull’emotività del lettore.
In conclusione, oltre alle fasi preliminari alla lettura del testo, in cui possiamo imbatterci nel fenomeno dei siti fotocopia, in titoli sensazionalistici e in esortazioni esplicite al lettore, ci sono altre caratteristiche che vengono alla luce mentre si legge una fake news. Innanzi tutto notiamo la ricorrenza di uno schema narrativo fisso che dà una struttura prestabilita all’articolo; oltre a questo aspetto strutturale, emergono tratti più propriamente linguistici, ad esempio l’espressività accentuata che suscita l’emotività del lettore e lo spinge a condividere la notizia. In aggiunta a quello che viene detto però, è necessario dare rilevanza anche a ciò che non viene detto: ad esempio si inducono i lettori a fare dei ragionamenti senza dichiararli apertamente, come nel caso delle implicature. Lo scopo finale è quello di manipolare il lettore e far circolare la notizia il più possibile, sfruttando economicamente le visite alle pagine web delle bufale.
Per approfondire
Lokar, Alice, Stefano Ondelli, Fabio Romanini & Elia Silvestro. 2018. Credibile ma falso. Come riconoscere le fake news (quasi senza leggerle), Trieste: Edizioni Università di Trieste.
Lombardi Vallauri, Edoardo. 2019. La lingua disonesta: contenuti impliciti e strategie di persuasione. Bologna: il Mulino.
1 Commento
Giampaolo 05 Maggio, 2021
Il tutto molto interessante, grazie.
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