Elisa Bianchi
Consorzio Interuniversitario ICoN
Con le sue 28 canzoni in gara (3 brani in più rispetto al 2022 e 4 rispetto al 2020), il 73° festival della canzone italiana, oltre a confermarsi una prova di resistenza per i più motivati, attraversa generi e generazioni: dagli inossidabili Cugini di Campagna, band fondata dai gemelli Michetti nel 1970, al giovanissimo LDA, classe 2003 (figlio di Gigi d’Alessio), per passare a Giorgia, che torna sul palco dell’Ariston dopo 22 anni (Di sole e d’azzurro, Sanremo 2001) e concludere con Paola & Chiara, che direttamente dai primi anni 2000 ci ricordano quanto sia facile (e piacevole) cantare a una voce.
Ma quali distanze (e quali convergenze) troviamo in tanta varietà di generi e generazioni? Nel solco della tradizione degli ultimi quattro anni (considerando la ‘direzione Amadeus’ come un punto di svolta a partire dalla scelta degli artisti e delle canzoni), possiamo senz’altro continuare ad avvicinarci a Sanremo come se fosse un’unica, organica, caleidoscopica narrazione, cioè come lo specchio della nostra società, con temi e voci che in qualche modo ci restituiscono un unico grande affresco eseguito a più mani ma con un’unica (inconsapevole?) regia.
Tale ‘narrazione collettiva’ e in qualche modo coerente emerge sia nei temi che nella lingua dei testi, di cui tratteggiamo brevemente i tratti salienti.
Partiamo dunque dai temi, riguardo ai quali riscontriamo un dato ossimorico: una delle figure più eccentriche di questa edizione, Rosa Chemical, celebra l’amore in tutte le sue forme, l’amore libero, l’amore che dà gioia, l’amore con cui fare festa (Da due passiamo a tre / più siamo e meglio è), ma la vera musa ispiratrice di questo Festival non potrebbe essere più distante da questa (criticatissima) visione allegra e luminosa, istanziata anche in un irresistibile ritmo house: domina la scena l’amore sofferto, in crisi, finito, depresso, e chi più lacrime ha, più lacrime versi.
Abbiamo dunque un catalogo interessante di amori infelici: amori finiti dei quali è difficile liberarsi (Giorgia, Parole dette male, Ariete, Mare di guai, Modà, Lasciami, Madame, Il bene nel male, Lazza, Cenere, LDA, Se poi domani), amori in crisi (Coma Cose, l’Addio, Leo Gassman, Terzo cuore), l’amore violento (Mara Sattei, Duemilaminuti), l’amore (disperato e dolcissimo) in un’Ucraina devastata dalle bombe (Tananai, Tango).
Sono tutti testi costruiti intorno a un tema ben definito, che si dipana in maniera coerente intorno al concetto che, sì, viva l’amore, ma quanta sofferenza. Meglio soli, ci dicono Colapesce e Dimartino.
Probabilmente (ma qui scatta l’esegesi raffinata) anche il testo di Mengoni fa riferimento a momenti di crisi, ma in maniera non così chiara e definita: Due vite (canzone vincitrice) è piuttosto costruita su un susseguirsi di suggestioni indefinite, di immagini impressionistiche, quasi esclusivamente per esaltare la versatilità vocale di Mengoni, che, infatti, ha fatto colpo. Sempre rimanendo sui temi, uno spazio minore ma comunque non marginale ha la musica (Paola e Chiara, Furore, Mengoni, Due vite, Tananai, Tango, Rosa Chemical, Made in Italy), e immancabile è la canzone sul padre (Grignani, Quando ti manca il fiato), con un testo pieno di sentimento e tormento (anche vocale, vista l’esibizione di Grignani della seconda serata). Proseguiamo questa breve carrellata con il tema della rinascita nelle sue varie forme, dopo una depressione (Levante, Vivo), o come liberazione dell’anima (Anna Oxa, Sali), fino ad arrivare a una spiritualità che avvicini tutti gli esseri viventi (Ultimo, Alba) in una dimensione di comunicazione non-verbale:
Se non dovessimo parlare per conoscerci /
Se non amassimo soltanto i nostri simili? /
Forse avremmo gli occhi solo per descriverci /
Perché uno sguardo, in fondo, basta per dipingerci
Concludiamo questa panoramica dei temi con il testo della bellissima canzone di Colapesce e Dimartino (Splash), che guardano la vita dall’alto di una nave dalla quale tuffarsi per liberarsi da crisi, impegni; Meglio soli su una nave per non sentire il peso delle aspettative, ci dicono Colapesce e Dimartino, che di aspettative (pesantissime) ne avevano tante, sulle spalle: quelle di superare o almeno eguagliare il capolavoro di Musica leggerissima (2020). Ce l’hanno fatta, con un testo semplice ma raffinato, accompagnato da una musica dalle sonorità anni ‘70. La vita è un baccarat, ci dicono: molliamo tutto, non conviene darsi troppo pensiero. Tuffiamoci nel mare…splash!
Per inciso, il peso delle aspettative è centrale anche nell’altro testo che, secondo noi, spicca per qualità, quello de L’addio dei Coma Cose:
Essere veri quanto può far male /
Quando non è concesso litigare /
Per non deludere le aspettative
Ma cosa troviamo nei testi? Quale italiano? Quale il rapporto tra testo e musica? Troviamo elementi di rottura o siamo nel solco della continuità rispetto agli elementi caratterizzanti della tradizione della ‘canzone italiana’? Si può dire che la cifra stilistica generale di questo Sanremo 2023 è il pieno rispetto della tradizione della canzone pop italiana, soprattutto per quanto riguarda la generale subordinazione del testo alle esigenze della melodia e degli arrangiamenti (Coveri 2012). Il tessuto linguistico generale è un italiano parlato caratterizzato da una sintassi piana e da un lessico semplice, una varietà per lo più lontana dal linguaggio poetico. Niente sperimentazioni linguistiche, niente giochi di parole (consideriamo Non fare accordi coi ricordi della canzone di Grignani un tentativo mal riuscito).
Ecco dunque confermati gli stilemi della canzone pop:
- Dal punto di vista metrico, molte sono le canzoni che contengono versi che finiscono con parole tronche; una per tutte, Due vite di Mengoni:
Siamo fermi in un tempo così /
Che solleva le strade /
Con il cielo ad un passo da qui
Solo Ultimo (nomen omen?) basa il suo testo su versi che terminano con parole sdrucciole:
E t’immagini se fossimo al di là dei nostri limiti /
Se stessimo di fianco alle abitudini /
E avessimo più cura di quei lividi? /
Saremmo certo più distanti, ma più simili /
E avremmo dentro noi perenni brividi
- Numerosi sono gli esempi di rime:
armatura – paura, uragani – mani (Mr Rain, Supereroi)
arrabbiata – tornata – spalancata (Ariete, Mare di guai)
fatte – combatte, com’ero – intero (Coma Cosa, L’addio)
E di rime imperfette o assonanze:
mostro – apposto (Gianmaria, Mostro)
finire – sottile (Elodie, Due)
Proprio per quanto riguarda le rime, il premio originalità va agli Articolo 31:
Vestiti larghi, amici stretti /
Avevamo la visione anche senza farci i funghetti
- Per quanto riguarda i tempi verbali, si registra un uso diffuso e pervasivo del futuro in tutte le salse (Mengoni, Modà, Coma Cose). Ecco un esempio tratto da L’addio:
E forse arriverà davvero il giorno /
In cui diventerai solo un ricordo /
O ce ne andremo via come uno stormo /
Che con l’autunno poi farà ritorno
Su questa base abbastanza ‘neutra’ (e di piena conferma della tradizione) si innestano alcune particolarità lessicali e sintattiche degne di nota.
- Il ricorso alle parolacce, che sono esse stesse strumento espressivo di una relazione in crisi (ad esempio le Parolacce sotto casa di Giorgia in Parole dette male):
Vaffanculo basta. – Siamo stati due coglioni infatti funzioniamo in coppia. (Articolo 31, Un bel viaggio)
Sarò una puttana ma sei peggio di me (Madame, Il bene nel male)
Ci siamo fottuti ancora una notte (Mengoni, Due vite)
Come stronzi galleggiare (Colapesce e Dimartino, Splash)
Le tue risate e fare i cretini nei prati (Giorgia, Parole dette male)
- Anglicismi
Abbastanza limitato, ma presente, è il ricorso ad anglicismi, riconducibile a un registro colloquiale, come nella canzone degli Articolo 31: Adesso c’hai la family e dipende da te. Leo Gassman (Terzo cuore) azzarda una rima parole italiana – parola inglese:
Per trasformar le sfide in sfighe ormai /
Non so più cosa sento, no /
E guardo solamente serie crime
- Qua e là fanno capolino elementi colloquiali, come l’aferesi di ‘sto per questo:
‘sto periodo non è facile (Elodie, Due vite)
‘sto silenzio potrebbe ammazzarmi – O da ‘sta casa ci cacciano proprio (Lazza, Cenere)
- Nella sintassi, abbiamo due preziose variazioni sintattiche delle valenze verbali, che ci riportano a un linguaggio più propriamente poetico e distante dal parlato:
Nel camerino il pianto cola il trucco (Coma Cose)
Mentre il vento arpeggia una ringhiera (Colapesce e Dimartino)
Sempre i Coma Cose, nel loro originalissimo testo, L’addio (che ha vinto il premio della critica), ci regalano una metafora di grande impatto:
Davanti al mio cuore c’è una ringhiera /
Sul tuo che è sempre stato uno strapiombo /
Lo sai che mi è piaciuto anche caderci /
Sì, però mica poi toccare il fondo
Concludiamo questa brevissima carrellata con quello che sembra essere il tratto più frequente in questa edizione: la ripetizione. La ripetizione di parole ed espressioni è un elemento caratterizzante della musica pop italiana (a sua volta ereditato dal melodramma), motivata innanzitutto da esigenze metriche e di esaltazione della qualità vocale del cantante. In questa edizione, leggendo i testi e ascoltando le canzoni, la frequenza delle ripetizioni salta immediatamente agli occhi (anzi, alle orecchie):
A tutti i miei perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? Perché? (Levante, Vivo)
Tanto lo so che tu non dormi dormi dormi dormi dormi mai (Mengoni, Due vite)
E tutto quello che ci serve è in un battito / un battito, battito, battito (Paola e Chiara, Furore)
Sulla ripetizione è incentrata praticamente tutta la canzone di Madame (Il bene nel male), in cui l’avvicendarsi ossessivo degli avverbi tanto, bene e male ci trascina in un vortice ipnotico, sostenuto anche da una bella base ritmata:
Ti ho rivisto dopo /
Tanto tanto tanto tanto tempo /
E come previsto tu eri /
Tanto tanto tanto tanto bello come un tempo
Nel bene e nel male /
Sei bene e sei male /
Bene nel bene e nel male /
Fai bene e fai male /
Quanto bene e male /
Nel bene e nel male /
A me resta il bene, a te resta il male
E a noi, che cosa resterà, dopo questo Festival? Riusciremo mai a liberarci dal peso delle aspettative?
Per approfondire
Antonelli, Giuseppe. 2010. Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato. Bologna: Il Mulino
Coveri , Lorenzo. 2012. L’italiano e le canzoni. Sito web dell’Accademia della Crusca.
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